DI PIERO ORTECA
L’Unione Europea è divisa sul tetto al prezzo del gas, ‘price cap’. Solo quello russo o vale per il gas di tutti i fornitori, anche gli amici Nato e dintorni, ad esempio la Norvegia o gli stessi Stati Uniti? Ulteriore sanzione alla Russia o abbassare il costo generale dell’energia? Solo il 9% del gas in UE ora è russo. E qui scattano divisioni politiche di altra portata.
Secondo Politico.eu: Paesi Bassi, Francia e baltici a favore di un ‘price cap’ solo sul gas russo; altri, come Italia, Polonia, Grecia e Slovacchia vorrebbero applicarlo a tutto il gas importato, la Germania non crede in nessuna di queste misure. Vediamo cose ne pensa Orteca.
Scenari neri letti dall’America
Questa volta la sentenza arriva direttamente dall’America e da una voce insospettabile. Il Wall Street Journal che in prima pagina, ieri, ha previsto orizzonti foschi per l’Europa. L’UE, scrive, se non dovesse trovare compattezza, almeno sul piano energetico, rischia molto. Non solo dissesti economici, ma anche forti e pericolose turbolenze sociali. Certo, non è un gran momento. La pandemia, la guerra in Ucraina e la tempesta economica e finanziaria hanno scombussolato tutti gli equilibri. E le prospettive sono cupe. In questo momento, a Bruxelles il chiodo fisso è uno solo: fronteggiare la crisi energetica e superare l’inverno col minimo dei danni. Senza riaprire il libro-mastro delle colpe, il momento è quello, invece, di fare quadrato e trovare soluzioni rapide. Più facile a dirsi che a farsi.
I fatti energetici dalla Russia
In questi giorni, infatti, è successo quello che diversi analisti si aspettavano e temevano. Cioè, Putin ha deciso di tagliare le sue forniture di gas al Vecchio continente, andando al contrattacco. Non ha mai digerito le sanzioni che gli Stati Uniti e l’Occidente gli hanno imposto e adesso, dal suo punto di vista, è arrivato il tempo della vendetta. Così, il leader del Cremlino si è scagliato contro gli avversari europei, che vivono una fase difficile, schiacciati come sono tra inflazione e recessione. La chiusura del gasdotto Nord Stream 1, fino a ora era stata giustificata a seguito di esigenze di manutenzione. Ma proprio qualche giorno fa, parlando a Vladivostok, Putin è venuto a galla e ha detto che se non saranno tolte le sanzioni economiche adottate contro la Russia, gli occidentali potranno scordarsi il petrolio e il gas di Mosca. Il discorso, in pratica, è stato il certificato ufficiale che dichiara una sorta di “cobelligeranza” non scritta dell’Europa (almeno agli occhi di Putin), a fianco dell’Ucraina.
Non solo Putin ma le speculazioni
A questo punto bisogna fare una riflessione. Chi si aspettava che, dopo questo annuncio, il prezzo del gas battesse tutti i record si sbagliava. In effetti, pur rimanendo alto, il costo per megawattora del gas sul mercato di Amsterdam, in questi giorni, è stato quotato intorno ai 200 €. Cioè ben 130 € in meno del suo picco di massima dell’altra settimana. Ciò significa che al di là delle quantità in gioco, a determinare il prezzo sono di sicuro le speculazioni di mercato. Per questo l’Italia ha insistito per introdurre un “tetto” al prezzo del gas. a livello comunitario, in modo da trattare con i mercati da una posizione di forza. E di questo argomento hanno discusso i ministri dell’energia nella Repubblica Ceca, che è Presidente di turno dell’Unione. Lasciamo da parte tutti i commenti più o meno ufficiali che sono stati diffusi dopo l’incontro dei Ministri dell’Energia. La verità è quella che ha scritto ieri il Wall Street Journal in prima pagina: o i Paesi dell’Unione si mettono d’accordo tra di loro, oppure rischiano di avere le strade piene di cittadini in rivolta.
Visioni (e interessi) politici divergenti
La situazione oggi. quindicina di Paesi vorrebbe mettere un tetto massimo al prezzo del gas di qualsiasi provenienza. Un altro gruppo (3 o 4) vorrebbe invece punire solo i russi. L’altro restante gruppetto avrebbe assunto una posizione mediana. Insomma, ci sarebbero notevoli divergenze. Per superare questa “asimmetria”, il governo ceco ha riorganizzato un altro meeting per la metà di settembre, sperando di smussare gli spigoli. Tuttavia, ammettono gli analisti del Wall Street Journal, l’operazione non sembra così facile, perché i prezzi sul mercato internazionale sono influenzati da molte variabili. Anche sul mercato del petrolio l’Occidente sta tentando un’operazione analoga, col greggio russo. Ma pure qui, pare di capire, le intenzioni non basteranno. La fame di energia è tanta nel pianeta, infatti, che i russi non avranno nessuna difficoltà a piazzare il petrolio in eccesso sul mercato mondiale, dove non mancano clienti come la Cina, l’India, o altri grandi Paesi “non allineati”.
Petrolio e Opec ‘plus’
Tra le altre cose, in pochi hanno ricordato che, proprio in questi giorni, le nazioni dell’Opec “plus”, cioè dai produttori di petrolio con in più la Russia, hanno addirittura deciso di diminuire l’export di petrolio di 100.000 barili al giorno. Un brutto segnale, soprattutto dal punto di vista diplomatico. Perché va esattamente in direzione contraria alle richieste che aveva fatto Joe Biden qualche tempo fa e cioè di incrementare l’export di greggio per cercare di tappare la falla creatasi con le sanzioni applicate al petrolio di Mosca. Come si vede, la situazione dei mercati è abbastanza confusa e la complessità della situazione li rende imprevedibili e, per la proprietà transitiva, ingovernabili. Sinceramente, pensare di potere fissare un prezzo per calmierare un bene così fondamentale come l’energia, è un tentativo lodevole, ma sembra destinato probabilmente a fallire. Paradossalmente, le prospettive di tenuta, possono essere in qualche modo “aiutate” dall’incipiente recessione economica. Apparati produttivi in crisi, infatti, richiedono meno energia per funzionare.
“Il problema si porrà quando il motore dell’economia mondiale ripartirà a pieno regime. E cioè, secondo le previsioni, alla fine del 2023 e all’inizio del 2024. Per quella data dovremmo avere già realizzato qualche forma di autosufficienza energetica capace di affrancarci dal ricatto dei grandi produttori. Che non sono solo i russi”.
Articolo di Piero Orteca, dalla Redazione di
10 Settembre 2022