DALL’UCRAINA AL CAUCASO RIFLESSI DELL’ATTUALE DEBOLEZZA RUSSA. ARMENIA E AZERBAIJAN SI RICOMINCIA?

DI MICHELE MARSONET

 

 

La ripresa del conflitto nel Nagorno Karabakh è la prima conseguenza militare significativa della guerra in Ucraina al di fuori dell’Ucraina.
Poco dopo la mezzanotte del 13 settembre tra Armenia e Azerbaijan sono divampati gli scontri più letali dal cessate il fuoco del novembre 2020, che aveva posto fine alla seconda guerra del Nagorno Karabakh.

Armenia-Azerbaijan

La crisi dell’esercito russo in Ucraina sta avendo effetti importanti anche nel Caucaso. Riesplode infatti l’eterno conflitto tra Armenia e Azerbaijan. Nella notte tra lunedì e martedì gli azeri hanno di nuovo investito con pesanti bombardamenti le posizioni armene.
Da quanto su apprende, tuttavia, questa volta ad essere colpito è lo stesso territorio della Repubblica armena, e non solo il Nagorno Karabach, enclave armena incuneata nel territorio azero e che l’Azerbaijan ha sempre rivendicato.

Opportunismi locali e non soltanto

Si tratta di un fatto nuovo e molto grave, poiché dimostra che il presidente azero Ilham Aliyev, con il pieno appoggio della Turchia di Erdogan, intende sfruttare fino in fondo l’attuale debolezza di Mosca, impantanata nella “operazione militare speciale” lanciata da Putin in Ucraina.
In effetti i russi, che sono i tradizionali protettori dell’Armenia, sono intervenuti imponendo una tregua nei combattimenti. Tregua che, però, appare legata a un filo.

Storia e odi antichi

Naturalmente conta, come sempre, l’odio atavico tra le due popolazioni. Gli azeri turcofoni e islamici, e gli armeni cristiani che parlano una delle lingue più antiche del mondo.
Le due Repubbliche convivevano in pace apparente quando entrambe facevano parte della defunta Unione Sovietica. Con il crollo di quest’ultima il conflitto è riesploso con violenza. In un primo tempo ha prevalso l’Armenia grazie all’appoggio russo.

La Turchia di Erdogan

In seguito gli azeri, che sono ora molto vicini ad Ankara perché corteggiati con costanza da Erdogan, hanno preso il sopravvento. Un ruolo molto importante è svolto dai micidiali droni turchi “Bayraktar”, forniti in abbondanza dal governo di Ankara a quello di Baku.
Sono gli stessi droni – mette conto rammentarlo – forniti anche all’esercito ucraino, che hanno causato notevoli danni a corazzati e blindati russi che combattono in Ucraina.

Se non c’è Mosca arriva Pechino

Ovviamente, vista la situazione, Mosca non può impegnare altre truppe nel Caucaso, poiché deve cercare di contrastare la controffensiva dell’esercito di Kiev. Ne consegue una notevole debolezza russa sul piano militare. Debolezza di cui, con ogni probabilità, cercherà di approfittare la Cina di Xi Jinping, che intende proporsi come nuova potenza egemone anche nel Caucaso e in Asia centrale.
Vengono così confermate le previsioni di molti analisti, che avevano ipotizzato una possibile riduzione della Federazione Russa a “satellite” della Repubblica Popolare.

Guerra se la politica è debole

Nel frattempo armeni e azeri continuano a combattersi con ferocia (si parla già di migliaia di morti), con gli armeni sempre più esposti alle incursioni di Baku nel loro stesso territorio nazionale.
L’ombra lunga del conflitto ucraino, com’era prevedibile, si proietta insomma in altri teatri di guerra, con un Erdogan sempre ambiguo e ondivago, pronto a sfruttare ogni spiraglio per rafforzare il ruolo internazionale della Turchia.

La Limes, carta di Laura Canali

 

Articolo di Michele Marsonet, dalla Redazione di

15 Settembre 2022