DI ANTONELLO TOMANELLI
Non sappiamo cosa sarebbe successo se le parole pronunciate ieri da Ursula Von der Leyen fossero uscite dalla bocca di Putin o di Medvedev. Forse qualcuno avrebbe detto che Mosca sta scaldando i motori dei missili nucleari puntati sull’Italia. Probabilmente altri avrebbero parlato di gravi minacce. Sicuramente Di Maio di inammissibili ingerenze. Ma quanto detto dalla presidente della Commissione Europea sul voto di domenica prossima, incomincia a superare l’immaginazione.
«Se dopo le elezioni in Italia va male, abbiamo gli strumenti […] La Commissione europea è il guardiano dei Trattati. Li deve proteggere e difendere e ha gli strumenti legali per farlo».
Dichiarazioni più inquietanti di queste non poteva concepirle. E affiancare l’aggettivo «legali» al sostantivo «strumenti» non serve a edulcorarle, perché nessun ordinamento sovranazionale potrebbe prevedere strumenti legali per sovvertire il voto espresso da un popolo sovrano.
Perché è questo che la Von der Leyen ha voluto significare. Non tanto riferendosi al colore che domenica uscirà dalle nostre urne, quanto all’atteggiamento che terrà nel guidare il Paese chi domenica vincerà le elezioni.
«Una volta la sovranità apparteneva al popolo». Non c’è dubbio che la sfrontata Ursula abbia letto questo nell’articolo 1 della nostra Costituzione. Dallo scranno più alto del più potente organo della UE, interamente composto da persone mai candidatesi in un collegio elettorale, la Von der Leyen ha lanciato un monito a chi, di incerta affidabilità agli occhi di Bruxelles, nel salpare lunedì dovesse imboccare strane rotte, come quella di curare gli interessi del popolo che lo ha eletto, per esempio.
Non siamo passati dal noto deficit democratico che permea la UE al deficit mentale del suo comandante. Semplicemente, la UE ha fatto un salto di qualità. È passata alle minacce esplicite. Se per malaugurato caso non ti uniformerai ai nostri diktat, noi della UE ti facciamo fuori. E chissenefrega se sarai arrivato al Governo con il voto degli italiani.
Tu fai quello che diciamo noi, non quello che ti hanno chiesto gli italiani. Ti scordi gli aiuti alle imprese, ti manipoliamo i mercati, ti carichiamo lo spread in una pistola ad aria compressa, ti stalkerizziamo notificandoti una miriade di procedimenti di infrazione, come stiamo facendo con quel pazzo di Orbàn, che pensa, si è addirittura affezionato alla Costituzione ungherese. Insomma, più che costringerti a cedere il timone, ti catapultiamo fuori dalla nave oltre la linea di galleggiamento. Questa è la nostra idea di democrazia. Fattene una ragione.
Ebbene, tanti di noi, anziché sparlare della mancanza di democrazia in certi Paesi, guardassero al nostro condominio, dove le scelte del popolo sovrano saranno annullate da un gruppo di tecnocrati non eletti, se Roma non si piegherà ai suoi voleri.
Così parlò Von der Leyen. Anche se non pare un granché la trafelata toppa messa dal portavoce della Commissione Europea, dopo che si è sollevato il polverone: «La Presidente non è intervenuta nelle elezioni italiane. Quando ha parlato degli strumenti a disposizione per intervenire nel caso in cui le cose prendano una direzione indesiderata ha fatto riferimento a procedure in corso in altri Paesi della Ue, e dunque stava evidenziando il ruolo della Commissione come guardiana dei trattati, in particolare nel campo del rispetto dello Stato di diritto».
Come dire: la Presidente ha sì parlato di interventi in atto contro riottosi Paesi Ue tipo Ungheria e Polonia, ma per carità, a tre giorni dalle elezioni come poteva riferirsi anche all’Italia?
Che facciamo? Ci crediamo?