DI VIRGINIA MURRU
La storia di questa donna rivoluzionaria, venuta al mondo in un piccolo borgo della Sardegna orientale, a Muravera nel 1716, ha impressionato la gente del suo tempo per l’intraprendenza e la lungimiranza che ha dimostrato. Oggi più che mai continua a suscitare meraviglia e stupore, per tutto ciò che ha saputo realizzare nel corso della sua lunga esistenza (scomparve all’età di 94 anni, nel 1810).
La forte vocazione imprenditoriale, l’estro creativo nel settore della seta e moda dell’epoca, la portarono all’attenzione della ribalta internazionale per le sue personalissime creazioni in questo ambito, una strada tempestata di chiodi, ma non per lei, che ben presto seppe distinguersi per la qualità dei tessuti impiegati e il gusto per l’estetica.
Francesca Sanna Sulis non disegnava e realizzava da sé solo i modelli del suo ‘atelier’, ma produceva anche i tessuti, con lane pregiate e soprattutto seta, dal primo ciclo di produzione al prodotto finito, ossia partendo dai tessuti rigorosamente ottenuti con processi particolari, che risultavano alla fine i migliori in termini di qualità nei mercati del tempo.
Era nata, è vero, in una famiglia benestante, ma i natali non bastano a giustificarne la vita brillante, la notevole abilità e la capacità di sapersi disimpegnare agevolmente in un mondo allora prerogativa di uomini ‘del mestiere’, che avevano alle spalle lunghi anni di formazione in sartorie e laboratori affermati, e magari il sostegno di mani esperte.
Francesca non si avvalse dell’input di maestri o influenze propriamente stimolanti nell’ambiente in cui operava, dato che la Sardegna all’epoca era davvero terra di frontiera, gli scambi erano limitati con il resto del continente a causa della sua insularità e scarsità di mezzi di collegamento. Ma gli svantaggi e i limiti non fermarono l’inclinazione verso la creatività, il desiderio di affermazione e la svolta riformatrice, di quegli anni aridi. Si era in epoca di Illuminismo, nel ‘700, secolo ancora acerbo sul piano dell’innovazione e del progresso, ad un passo comunque dalla rivoluzione industriale.
Francesca, con i suoi tanti talenti e l’ecclettismo della sua arte era certamente un’eccezione nell’ambito in cui si muoveva, lo era in modo particolare per l’universo femminile, che al massimo si dedicava al ricamo, alla filatura o ai primi rudimenti del cucito. Certo non al design di abiti, e alla loro professionale realizzazione, con la perizia dell’occhio esperto che riconosce ogni dettaglio sul tessuto e le cuciture eseguite in modo impeccabile.
Voleva andare lontano e ci riuscì, perché credeva nelle potenzialità di quel carattere irrequieto e travolgente, spostò uno dopo l’altro i massi dalle sue strade, e infine mise pure le ruote alle montagne, quando divenne necessario viaggiare e muoversi dall’isola per fare conoscere il pregio dei suoi raffinati modelli e collezioni.
Il sogno si realizzò in modo naturale e progressivo, come la metamorfosi dei suoi bachi nei grandi laboratori del cagliaritano, ed infine si librò in tutta la sua straordinaria bellezza. Principesse e perfino imperatrici facevano la fila per ottenere abiti con modelli di seta originali, l’attrazione che seppe suscitare intorno alla sua arte non si fermò in Italia, ma varcò le frontiere in Europa e anche oltre.
Una ragione doveva pur esserci, non si trattava di un marchio famoso perché frutto di strategie commerciali di marketing, o particolari campagne di comunicazione con réclames efficaci. Non era questa la ragione del suo successo internazionale, ma un passa parola tramite la visione di modelli indossati da donne protagoniste del loro tempo, soprattutto di alta estrazione sociale.
Così viaggiava il suo nome, in percorsi d’eccezione, dove l’ordinario può diventare eccezionale, anche quando arriva da umili periferie, se sa distinguersi per competenza e qualità.
Ma chi era Francesca Sanna Sulis, il fenomeno che seppe brillare di luce propria e attraversò come una meteora il cielo del ‘700? Come si è accennato era nata in una famiglia facoltosa, ma non ricchissima, eppure in qualche modo le sue origini contribuirono a fare da leva per un salto significativo nella direzione della sua passione: la coltivazione del baco da seta e la produzione del pregiato tessuto.
Alla realizzazione dei suoi obiettivi contribuì il padre con il suo incoraggiamento e il suo supporto, ma ancora di più la sostenne il marito subito dopo le nozze (a 19 anni), offrendole di fatto le chiavi del suo singolare futuro di stilista e imprenditrice. C’è da precisare che il marito non era un uomo qualunque: si trattava del giureconsulto di Cagliari Pietro Sanna Lecca, personaggio noto in città ma anche a Casa Savoia, a Torino, per l’attività di carattere giuridico che svolgeva. Si era all’epoca del Regno di Sardegna, e i Savoia peraltro vissero a Cagliari per circa 20 anni sul finire del ‘700.
Francesca lo aveva conosciuto a Cagliari, allorché il padre, in seguito alla prematura scomparsa della moglie, decisi di trasferirvisi, in una sua palazzina sita nel rione Castello. Pietro Sanna Lecca era talmente stimato dai regnanti Savoia che verso il 1780 gli chiesero il trasferimento a Torino. Francesca visitò più volte la città, ma non vi si stabilì. Ormai la sua attività era diventata importante, frenetica e impegnativa, dirigeva ogni fase della produzione della seta e della lana, nonostante si fosse circondata di numerosi esperti collaboratori.
Assunse nelle sue aziende numerose donne, istituì corsi professionali affinché acquisissero la dovuta competenza, asili nido per i figli e scuole, perché lei era istruita, amava la cultura e intendeva lottare contro l’analfabetismo. Francia ed Europa erano scosse da correnti di Illuminismo, si avvertiva nella società il fermento di altre concezioni di vita, orizzonti nuovi si aprivano per le Arti e la Scienza.
La coltura dei gelsi di donna Francesca occupava centinaia di ettari, i tessuti di seta prodotti nell’area erano destinati alla creazione di abiti e nuovi modelli, ma anche all’esportazione nella penisola, in particolare al Nord.
E’ qui che ebbe occasione di conoscere il conte Giorgio Giulini, a Milano, dove ormai la seta della Sardegna era conosciuta. Il conte era a sua volta un produttore noto in tutta la Lombardia, si avvicinò alle sartorie di donna Francesca per curiosità, finché l’interesse per lo stile delle sue creazioni si manifestò con una presenza assidua.
Insieme al conte Francesca organizzò a Milano la prima sfilata di moda, alla quale ne seguirono altre, sempre al centro dell’attenzione nel mondo femminile più in vista dell’epoca.
La signora della seta amava essere originale, il suo estro scavalcava la moda e lo stile del tempo, che presentavano abiti pesanti, con corsetti stretti e assolutamente difficili da indossare. Lei le liberò da queste stoffe troppo fascianti e da tendenze ormai superate.
Così conquistò le dame delle Case regnanti, da Casa Savoia ad altre Corti europee, fino a suscitare l’interesse di Caterina la Grande, per la quale donna Francesca realizzò un abito rimasto famoso, poiché la zarina lo indossò per un ritratto. Ancora oggi è possibile ammirarlo all’Ermitage di San Pietroburgo. La sua vita è stata raccontata in forma romanzata da Ada Lai, in un’opera pubblicata nel 2016 (La straordinaria storia di Francesca Sanna Sulis), e da Lucio Spiga, con un libro intitolato ‘Francesca Sanna Sulis’, dato alle stampe nel 2006.
Francesca aveva un temperamento forte e deciso, riuscì ad abbattere pregiudizi e andò oltre i clichés, senza interrogarsi mai sulle perplessità delle menti chiuse, blindate dal tempo. Era tuttavia anche persona sensibile, ebbe tre figli, ma trovò sempre l’opportunità di aiutare le famiglie meno fortunate. Era rispettata e amatissima perché sapeva farsi volere bene da chiunque, e tanto bene fece negli ambienti in cui aveva vissuto. Quando redasse il suo testamento lasciò tutto alla Chiesa e ai poveri, tenendo fede allo spirito filantropo che aveva caratterizzato la sua esistenza.
L’11 giugno scorso Google le ha dedicato un Doodle per ricordare i 306 anni dalla sua nascita, e la vita assolutamente straordinaria che aveva vissuto, pioniera in un campo allora minato, quale poteva essere la moda e l’imprenditoria femminile. Lei percorse quelle vie con intraprendenza e sicurezza, già sapendo che quella era la strada tracciata dal suo singolare destino, e l’avrebbe percorsa dimenticando che la Sardegna era un’isola, e il mare sembrava filo spinato per chi aveva fretta di andare lontano.