DI VIRGINIA MURRU
E’ recente la notizia diffusa dall’Università di Ferrara, riguardante la scoperta a Buddusò, in Sardegna, di uno dei più importanti potenziali giacimenti di materie prime critiche in Europa. Definite anche “materie prime rare”, proprio per la scarsità di questi elementi in natura, ma anche fondamentali per il loro impiego in ambito tecnologico.
Importanti soprattutto per l’Europa, che può contare solo su limitate risorse, mentre la richiesta nella rete dell’hi tech diventa sempre più alta, anche ai fini della transizione digitale e green.
In un suo discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente Ursula von der Leyen, ha evidenziato la necessità per l’Ue di occuparsi delle problematiche relative alle ‘materie prime critiche’, considerata la loro importanza strategica.
Il futuro della tecnologia sta già presentando una crescente domanda in questo ambito, premessa indispensabile per la trasformazione dell’industria europea in direzione della decarbonizzazione e automazione. E’ previsto nei prossimi anni in particolare un aumento della domanda nel mercato dei metalli non ferrosi.
E’ questa la sfida dell’Ue per il futuro: garantire un approvvigionamento di materie rare, in virtù di queste caratteristiche definite pertanto ‘critiche’, ma senza tali risorse non sarà possibile raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica e digitale. L’obiettivo è che l’Europa diventi un’area geografica all’avanguardia, un continente ‘neutrale’ sul piano climatico.
L’Università di Ferrara, attraverso il progetto REGS II (ossia ‘Recycling of granite scaps II), finanziato proprio attraverso i fondi europei ‘Life’, e dal progetto di ricerca che ha per titolo “Waste treatment”, tramite la ricerca e il reperimento di ‘critical raw materials’, ha ottenuto dei lusinghieri risultati a Buddusò, piccolo centro della Gallura. Attraverso il contributo di importanti ricercatori, che si sono occupati del territorio, è diventato un polo di studio che ha permesso la scoperta di questo importante giacimento di materie critiche.
Ma che cosa sono esattamente questi materiali rari? Si tratta di metalli e materie di importanza economica strategica per l’Europa, difficili da reperire, e ad alto rischio di fornitura, data la scarsità dei giacimenti. La loro esigenza è strettamente legata alla cosiddetta rivoluzione tecnologica e industriale in atto, emersa con maggiore impulso nel corso del lockdown.
Il repertorio delle materie critiche viene aggiornato dall’Ue ogni anno, secondo il progresso tecnologico. Esiste al riguardo, sempre in ambito europeo, un piano di reperimento di questi materiali rari, tramite l’incentivazione della ricerca mineraria nei singoli stati dell’Unione, con precisi interventi di recupero dai rifiuti elettronici.
Si mira all’autosufficienza nelle forniture, come sottolineano gli studi e i progetti dell’Università di Ferrara (Unife).
Sul giacimento di Buddusò, Elena Marrocchino, ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Prevenzione dell’Unife, afferma:
“Dalle prime analisi del nostro progetto possiamo dire che le discariche del distretto lapideo di Buddusò e della Gallura, consentiranno all’Italia e all’Europa di affrontare le difficoltà di attuazione del Green Deal Europeo, dovute al limite di reperimento dei metalli critici, indispensabili alla transizione ecologica e digitale. “
La ricerca condotta su questi particolari graniti (come si è accennato) fanno parte del più ampio progetto europeo LIFE REGsll, al quale sta contribuendo l’Università di Ferrara in collaborazione con “CNR-IGAG, azienda SGA Graniti di Giovanni Soro, azienda IGM Internazionale Graniti Masera S.p.A., Regione Sardegna e Comune di Buddusò – focalizzato sulla riqualificazione delle aree interessate da discarica con azioni utili a garantire i minerali fondenti per il comparto ceramico (feldspati).”
Gli studi hanno messo in rilievo l’importanza degli scarti minerari nelle cave di granito, utilizzati di base per fini di fornitura di materie prime fondenti per ceramici, ma ottimizzati anche al fine di ottenere altri elementi utili. Importanti si sono rivelate le potenzialità offerte dai minerali non feldspatici (i feldspati sono un gruppo di minerali molto comuni che vengono classificati come tectosilicati, e del quali è costituito il 41% della massa nella crosta terrestre).
A Buddusò si stanno stimando le potenzialità estrattive e la progettazione di un impianto di arricchimento diretto all’estrazione delle materie critiche dagli scarti di lavorazione del granito. Sotto la supervisione della prof.ssa Carmela Vaccaro e la dott.ssa Elena Marrocchino, del dipartimento di Scienza dell’Ambiente dell’Unife.
Secondo la ricerca, i graniti di Buddusò hanno una composizione pari all’80-85% di quarzo e feldspati, ossia materie utilizzate per il comparto ceramica e vetro. Sono state rilevate percentuali di allanite pari al 15%, un minerale magmatico raro che si distingue proprio perché ricco di terre rare, e interessanti quantità di ferro, tantalio e niobio.
Questi graniti si distinguono da altri prodotti in Italia per la concentrazione di Germanio e Gallio, elementi rivelatisi importantissimi per la produzione di componenti green, quali pannelli solari (per esempio).
La scoperta di questo giacimento in Sardegna si considera negli ambienti scientifici di grande importanza per la continuità delle forniture in ambito tecnologico e industriale, e per rendere indipendente l’Europa nel reperimento di queste fondamentali risorse.