DI CLAUDIA SABA
Rosaria Lopez, 19 anni.
Donatella, 17.
Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira le incontrano in un bar dell’Eur.
Sono tre neofascisti della Roma bene.
Ascoltano insieme un po’ di musica .
“Sembravano bravi ragazzi”, dirà Donatella in seguito.
I tre “bravi ragazzi” le invitano ad una festa al Circeo.
Donatella e Rosaria accettano.
Si incontrano più tardi e da quel momento ha inizio il loro incubo.
Violenze, sevizie, umiliazioni di ogni genere.
Disprezzo.
Due giorni al freddo, nude, chiuse in un bagno.
Poi la Morte.
Rosaria viene affogata nella vasca da bagno.
Donatella subisce ore e ore di violenze da Izzo, Ghira e Guido.
Si finge morta per sopravvivere.
I tre “bravi ragazzi” le avvolgono in sacchi di plastica, le caricano in macchina.
La parcheggiano sotto casa di Guidi e vanno al ristorante.
Donatella
li sente andare via.
Respira.
È viva.
Inizia a lamentarsi.
Un vigile la sente.
Apre il portabagagli.
Donatella è salva.
Tina Lagostena Bassi la difenderà al processo.
La sentenza di primo grado arriva il 29 luglio 1976.
Ergastolo per Gianni Guido e Angelo Izzo, in contumacia per Andrea Ghira.
Nessuna attenuante.
La sentenza verrà modificata in appello nel 1980 per Gianni Guido.
Ridotta a trent’anni dopo il pentimento e il risarcimento della vittima.
Gianni Guido evade dal carcere di San Giminiano nel 1981.
Fugge a Buenos Aires, dove verrà arrestato due anni dopo.
Riesce ancora a fuggire.
Nel 1994 verrà catturato a Panama.
Estradato in Italia
sconta 14 anni a Rebibbia.
Affidato ai servizi sociali, il 25 agosto del 2009 esce dal carcere grazie all’indulto.
La sua pena è finita.
Da ergastolo a 30 anni.
Ne ha scontati solo ventidue.
Ghira si arruola nella legione straniera spagnola.
Cambia il suo nome in Massimo Testa de Andrés e muore nel 1994 per overdose. Restano però dubbi sulla sua morte.
Izzo ottiene la semilibertà nel dicembre 2004.
Il 28 aprile 2005
uccide ancora due donne.
È di nuovo condannato all’ergastolo.
Rosaria e Donatella.
Stuprate e torturate da mostri.
Dai “bravi ragazzi” dei Parioli.
“Mi colpivano e io non fiatavo: una morta non prova dolore”, dirà Donatella in un’intervista del 1983.
Lo hanno definito “Il massacro del Circeo”.