DI MARINO BARTOLETTI
Mi ha addolorato davvero tantissimo la morte di Nico Fidenco, ultimo romantico di un mondo fatto di 45 giri fruscianti e di innocenti tenerezze al buio. Quando lo incontravo in qualche salotto televisivo (e lui era stupitissimo della mia ammirazione nei suoi confronti) due cose mi colpivano sempre: la sua timidezza e la sua educazione. La stessa educazione di una voce che dava calore e serenità. Ho ancora il disco che lo rivelò (“What a sky”, la colonna sonora de “I delfini”) e, ovviamente, tutti quelli a seguire.
Era così riservato che a lungo chiese e ottenne di non essere ritratto sulle copertine. La sua fortuna nacque da un rifiuto: quello della commissione di selezione del Festival di Sanremo del 1961, che non ammise “Legata a un granello di sabbia” giudicandola troppo “estiva”. Tempo cinque mesi e il disco diventò il primo “tormentone” della storia discografica, oltre ad essere il primo 45 giri a superare il milioni di copie vendute. Ha avuto altre vite artistiche (colonne sonore per spaghetti western, sigle di cartoni animati, il guizzo coi “Super4” assieme a Jimmy Fontana, Riccardo Del Turco e Gianni Meccia).
Non fece mai la pace con Sanremo dove, pure, partecipò nel 1967 con un brano tanto dolce quanto poco capito che mi è sempre rimasto nel cuore (ne è buon testimone il mio amico Daniele Soragni): “Ma piano per non svegliarmi”. ”…una canzone non dimentico, tu la cantavi piano piano…”.
Eri tanto gentile che mi dicevi sempre “grazie”, amico mio. Sapessi quanto è grande il mio “grazie” per te! Un giorno, forse, ti spiegherò…