DI MARIO PIAZZA
In un mondo dove tutto ciò che ci circonda è una spinta, un indottrinamento continuo a possedere e a consumare quanto più possiamo definire il denaro in quanto tale come “sterco del diavolo”, lo hanno fatto tutti i padri della chiesa da San Francesco a Bergoglio, è perlomeno contraddittorio.
Lo sterco non è il denaro ma la sua iniqua distribuzione per continenti, per nazioni, per regioni e persino all’interno dello stesso gruppo familiare. Chi nasce nel benessere difficilmente potrà capire davvero la povertà e chi è povero dedicherà la propria intera esistenza al tentativo di smettere di esserlo, è nell’ordine delle cose e lo sterco non c’entra affatto.
C’è però una terza categoria sulla quale il diavolo ama spargere le sue deiezioni, quella dei poveri che ce l’hanno fatta.
Quando il benessere o la ricchezza si presentano dopo una vita di stenti occorrono molte qualità per evitare di essere colpiti dagli schizzi infernali, e non tutti le possiedono. Sono gli schizzi della cupidigia senza limiti e dell’esibizionismo senza vergogna, è la cancellazione di ciò che si è stati e l’oblio dei propri vecchi compagni di sventura.
Ne ho conosciuti molti nel mezzo mondo in cui ho vissuto, e più il luogo dell’incontro era martoriato dalla povertà e più era irrefrenabile la ripugnanza che costoro destavano in me.
Sarei davvero felice di non incontrarne mai più.