DI PATRIZIA CADAU
Da mesi rimbalza su Repubblica (che a sua volta riprende Forbes) e su altre testate, la storia di Vittoria, 31 anni, imprenditrice da milioni di euro e 105 ristoranti sparsi in tutto il mondo.
Vittoria, racconta, santifica la gavetta, gli straordinari, i turni massacranti come cameriera e barista, perché proprio la durezza di quelle esperienze ha detonato nella sua mente l’idea brillante del proprio brand.
In una lunga intervista Vittoria racconta della sua curiosità e di come, appena trasferita a Milano andasse ogni sera a mangiare in un ristorante diverso per apprendere il più possibile, cosa che, è assolutamente compatibile con la gavetta, i turni massacranti e le misere paghe.
Insomma mi sono incuriosita e ho scoperto che Vittoria (Zanetti), così come Guido (Barilla), o Alessandro (Borghese) e tutti i fenomeni che si mettono in cattedra a spiegare agli altri come farsi il culo, hanno le spalle coperte da dinastie famigliari che controllano fenomeni societari da milioni di euro.
Quindi probabilmente si saranno fatti il culo ma con una trascurabile differenza rispetto a quelli che se lo fanno con l’ansia di fallire, di non arrivare a fine mese, di non avere il necessario, di non avere tempo per una vita sociale, con l’incubo del precariato e senza la possibilità non dico di andare in un ristorante diverso tutte le sere ma nemmeno una volta l’anno.
E così dai, finiamola di spacciare le virtù di persone che non rappresentano la realtà, che non hanno storie edificanti ma mortificanti, non perché hanno vite di successo, ma perché raccontano quel successo sulla base della narrazione del “se vuoi puoi”, salvo scoprire che nel loro caso il “se vuoi puoi” è legato al fatturato milionario delle società di famiglia.