DI ANTONELLO TOMANELLI
Giuseppina passa dodici ore al giorno in treno per lavorarne meno di sette a Milano, per uno stipendio che non le consente di vivere nemmeno poco lontano dal luogo di lavoro. Tanto vale andare e tornare in giornata da Napoli, dove vitto e alloggio sono gratuiti. Così hanno raccontato le più autorevoli testate giornalistiche. La storia è nota.
Per molti, si tratta di una bufala. Giuseppina, con uno stipendio da bidella, non potrebbe permettersi un abbonamento AV Napoli-Milano e ritorno. Insomma, una questione di aritmetica.
Dove sia la verità, non si sa. Ma qui non va valutato se Giuseppina si sia prestata ad una simile pagliacciata. È il messaggio che quelle autorevoli testate giornaliste hanno voluto veicolare, a dover essere colto e al tempo stesso inquietare.
Facendosi ogni giorno Napoli-Milano e ritorno, Giuseppina è additata a modello per le nuove generazioni. Niente tempo libero, nessuna socializzazione, pochi spiccioli che rimangono alla fine del mese. Quello descritto senza imbarazzo, ma con un piglio da regime dai giornalisti, è il lavoratore ideale.
Ma tra i commenti al mio post di ieri, ve ne sono tanti che non colgono il punto della questione. Si concentrano sulla figura di quella sfigata, che per avere visibilità, e magari qualcos’altro, si sarebbe inventata tutto. E così facendo, perdono completamente di vista l’aspetto più allarmante della questione: il panegirico di questa stoica figura, poco importa se inventata, che i media dipingono come indefessa lavoratrice, che pur di portarsi a casa uno stipendio di 1.150 Euro si cancella come essere umano, calpestando la propria dignità e addirittura ringraziando lo Stato italiano che le ha dato l’opportunità di un lavoro, ma non quella di pagarsi un pasto caldo e una branda a 700 km da casa.
Insomma, a quanto pare, per molti, la questione su cui dibattere non è il messaggio schiavistico veicolato dai media, che elogiano questa ragazza come fosse una sorta di Stachanov del XXI secolo, paragone che susciterebbe l’ilarità, se non l’indignazione, di quello storico e arguto minatore del Donbass che rivoluzionò il concetto di lavoro minerario, tanto da meritarsi l’Ordine di Lenin. Quella di Giuseppina è una bufala, punto. Basta chiamare la scuola per scoprire che ha lavorato sì e no due giorni. Si è subito messa in congedo straordinario, dicono alcuni.
E chissenefrega se si è messa in congedo straordinario. Non avete capito che il punto non è la bufala chiamata Giuseppina, o come sono caduti in basso i nostri giornalisti che non controllano nemmeno la veridicità di una notizia, se non peggio. Non sono certo novità queste.
Il punto è come noi dovremmo considerare, secondo i gestori dell’informazione, una come Giuseppina. Acclamarla per il suo spirito di abnegazione, anziché deplorarla per aver accettato passivamente che lo Stato non le garantisca un vitto e un alloggio, pur dedicandogli i propri servigi, costringendola a passare dodici ore al giorno su un treno che non è certo quello della speranza. Vi siete concentrati sulla Giuseppina mistificatrice, tralasciando quella schiavizzata e ostentatamente ignava.
E voi che avete dato addosso alla Giuseppina mistificatrice, probabilmente non avreste dato peso alla vicenda, se l’abbonamento Frecciarossa Napoli-Milano e ritorno fosse costato 25 Euro al mese. I conti sarebbero tornati, quindi tutto ok. Non avete capito una mazza.
Lode, invece, a chi tra voi ha capito appieno quanto di inquietante e deleterio si nasconde dietro la pubblica rappresentazione, poco importa se non veritiera, di un personaggio come Giuseppina.