DI MARIO PIAZZA
Non mi meraviglia che il piccolo esercito di legali di Berlusconi sia riuscito ancora una volta a impapocchiare un processo e neppure mi sento di emettere condanne morali verso chi ha trovato nei quattrini l’unico modo per dare sfogo ad ettolitri di testosterone tenuti a bada a suon di “manovelle” negli anni più ormonalmente ruggenti ed economicamente meno fortunati.
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L’unica cosa di cui mi importa davvero è che lo stuolo di ragazzotte che hanno volontariamente venduto le proprie grazie muliebri al novello Trimalcione fossero tutte maggiorenni e consenzienti.
Però, anche senza tirare in ballo la minore età di Ruby e i vari papponi che reclutavano le ragazze, nella penosa vicenda del bunga bunga uno stupro c’è stato.
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Uno stupro di gruppo consumato non da una banda di ragazzotti ubriachi in danno di qualche ragazzotta sprovveduta ma da un nutrito gruppo di stimati professionisti, di parlamentari e forse anche di magistrati e la vittima oscenamente abusata è quella che dovrebbe essere madre, figlia, sorella e compagna di ogni cittadino che vive in uno stato di diritto, quella che raffiguriamo con una giovane donna discinta che regge una bilancia: La Giustizia.