DI VIRGINIA MURRU
Si è aperta di fatto la ‘danza’ delle nomine ai vertici delle partecipate dello Stato, che sono 135, ma quelle che rappresentano un centro di interesse politico-economico sono Rai, Enel ed Eni. E’ proprio dai vertici di queste grandi società che la Lega intende partire per definire un orientamento più preciso in termini di politica energetica: ‘perché il Paese deve essere all’altezza delle sfide più difficili e attuali’- qual è appunto la crisi energetica – con nomine di alto profilo.
Proprio il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, ha nei giorni scorsi dichiarato in merito che ‘occorre un cambio di passo’, ossia un indirizzo nuovo nel quale possano maturare politiche più affini alle attuali emergenze in ambito energetico, con un conseguente adeguamento alla modernità. Dunque, non solo sarebbe necessario intervenire con nuove nomine su Eni ed Enel, ma anche sulla dirigenza Rai. Un po’ di pressing al riguardo c’è.
Il mandato riguardante i vertici delle società a controllo pubblico sta per giungere al termine, il contratto risulta in scadenza tra il 2023 e il 2024. Proprio perché siamo ormai prossimi al cambio delle nomine, la Lega spinge sul governo per una riforma radicale dei tre colossi, anche se poi, per evitare tensioni interne, alla fine potrebbe essere la premier Meloni a farsi carico della scelta finale, così come del resto fece Draghi nei confronti del suo esecutivo.
Verso aprile sono così attese le proposte, con le liste delle nomine nelle grandi partecipate dallo Stato, non è difficile presentire che la Lega abbia le idee chiare sui nuovi quadri dirigenziali, ed anche i nominativi per il ‘turnover’. Per il settore energetico sono in ballo non solo Eni ed Enel, ma anche Terna, Leonardo, Poste, dove sul cambio di passo la Lega potrebbe riservarsi il ‘diritto di prelazione’.
Certo nel giro di qualche mese al massimo il tema diventerà una priorità nell’agenda del governo, ora in graticola ci sono altri argomenti scottanti, quali il Superbonus, per esempio, che ha creato tra l’esecutivo e le imprese interessate un vero e proprio scontro.
Il cambio di rotta non riguarda solo i vertici delle partecipate, ma anche i manager, e in questo ambito, nel caso di Eni, si è puntato il dito sul Pd che avrebbe nella società una folta rappresentanza di manager.
Il cambio di passo rispetto al passato, dunque, secondo gli intendimenti della destra al governo, non deve riguardare solo Palazzo Chigi, ma anche settori importanti della politica economica del Paese. E’ la Lega stessa, tramite i suoi esponenti più in vista, a sottolineare che non si tratta di una lotteria di poltrone, ma di esprimere nuovi assetti sul sistema delle partecipate.