DI MARUSKA ALBERTAZZI
Si confonde spesso la resilienza con l’accettazione acritica di quello che ci accade. Non è così. Essere resiliente non significa non lamentarsi mai o non arrabbiarsi, anzi. Arrabbiarsi è fondamentale per essere resilienti perché la rabbia, che altro non è se non la messa in atto di una spinta aggressiva di difesa da ciò che ci sta mettendo in pericolo, è un motore molto potente. La rabbia è la “cazzimma” che ci spinge ad andare avanti nonostante tutto, a lottare, a non mollare mai. Essere resilienti significa accettare che qualcosa che non ci piace sta accadendo – anche perché non accettare non serve a nulla se non a stare peggio – ma, al tempo stesso, mettere in atto tutto ciò che serve per cominciare da subito a stare meglio. Essere resilienti significa usare il proprio dolore per migliorarsi, certo, ma anche per arrabbiarsi e generare quell’energia che serve a cambiare. Perché, se non cambiamo, siamo fermi. E stare fermi non è nella nostra natura. Andiamo col flusso ma impariamo anche a remare contro, quando è necessario.