DI CRISTINA PEROZZI
Il mattino del 6 agosto 1945 alle ore 8:15 il bombardiere Enola Gay dall’aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki.
Il numero di vittime dirette fu stimato da 100.000 a 250.000, quasi esclusivamente civili.
Al momento dell’esplosione, la temperatura nella città di Hiroshima era pari a 60 milioni di gradi.
I superstiti vengono chiamati in Giappone con il termine “hibakusha” ma non hanno mai voluto confessare di essere sopravvissuti all’esplosione della bomba, per paura delle discriminazioni e dello stigma che colpivano chi era stato esposto alle radiazioni.
La bomba atomica è vietata dal diritto internazionale umanitario e dei conflitti armati come arma di distruzione di massa, capace quindi di colpire ed eliminare un gran numero di individui indiscriminatamente e senza fare distinzione fra civili e obiettivi militari.
La comunità internazionale perciò limita e sanziona la produzione di tali armi con il trattato di non proliferazione nucleare un trattato internazionale sulle armi nucleari che si basa su tre principi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare.
Al trattato non hanno aderito India Pakistan Israele e Sud Sudan.
hiroshima