DI LIDANO GRASSUCCI
Vorrebbero uno pio, nato li come ricordo nel nome della scuola di Norma, e non quel Fabrizio De André che faceva parlare Tito, un ladrone, a Nostro Signore entrambi in punto di morte. Il peccatore e il salvatore alla pari nell’umano morire.
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Chissà se hanno mai ascoltato i contrari al nome del poeta la sua Ave Maria, una delle più belle poesie mai scritte alla madre di ogni figlio, alla madre del figlio che pure amato dal padre era stato già condannato a morire.
Chissà se a Norma, la mia Norma terrazzo sul piano e a distanza il mare, ricorda l’amore delle sue donne per i figli che sono sacri, come sacra era Giunone nel tempio poco lontano.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente
Questa è la radice madre di questi lepini sempre soli, sempre di madri in attesa che i figli tornino dal piano e quando non tornano sono Cristi al loro Golgota, tutti.
Dice che è meglio un pio di qui che quel ricco genovese che in rima racconta l’umiltà, eppure hanno le stesse facce gli uomini del porto da quelli di palude e lo stesso pianto le donne di nero vestite.
Qui venivano da ogni dove per Giunone e tramite lei la prole che faceva immortali i mortali già morti.
Fabrizio De André è di Norma, è lepino perché siamo tutti genovesi, di Gerusalemme, siamo così umani.
Scriverei sulla targa della scuola: a Fabrizio De André, poeta e normiciano come me e te perché come noi umano.
Cosa è Norma?
Io nel vedere quest’uomo che muore
Madre, io provo dolore Nella pietà che non cede al rancore Madre, ho imparato l’amoreNorma è imparare l’amore attraverso la pietà che non cede al rancore.
Editoriale di Lidano Grassucci da
14 Maro 2023