DI ALFREDO FACCHINI
La Meloni chiede “una pacificazione” per gli Anni di Piombo.
Basta con l’odio, dice e poi va a rendere omaggio a casa Mattei per il rogo dì Primavalle. (16 aprile 1973)
Peccato che esattamente 2 anni dopo a Milano veniva ucciso a pistolettate da un fascista Claudio Varalli, 17 anni.
Commemorazioni?
Come sempre la “capetta” perde il pelo, ma non il vizio. Prima i morti suoi.
Ma non può esserci nessuna pacificazione con una che si crede lupa di Roma e poi si camuffa da pecorella. Con chi non si è mai dichiarata antifascista. Neanche a parole.
Con chi fa dell’anti-antifascismo la sua mistica. Con chi giustifica, se non esalta, i Repubblichini.
Il refrain in Fratelli d’Italia: <<Bisogna rispettare i caduti, anche i caduti di Salò, combattevano per degli ideali>>.
Una vomitevole equiparazione, sdoganata nel 1996 anche da Luciano Violante, presidente della Camera: <<Mi chiedo se l’Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri … i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà>>.
L’antifascismo <<non è più un obbligo civico>>, esulta Giuliano Ferrara, araldo Fininvest. Insomma, la pregiudiziale antifascista va messa in archivio. Chissenefrega della Costituzione, della dodicesima disposizione transitoria che vieta la ricostituzione del partito fascista.
Ma la Storia non e’ una serie tv con due finali. La repubblica di Salò, nata dopo l’8 settembre 1943 fu uno stato fantoccio creato dai nazisti nel nord d’Italia. Ma quale buonafede? I Repubblichini furono dei nazisti con un’altra uniforme.
Come stupirsi che, in vista del 25 aprile, la stampa di destra sia piena zeppa d’insulti antiresistenziali.
Partigiani descritti, di volta in volta, come terroristi, delinquenti, vigliacchi. Come la vicenda di via Rasella insegna.
Giorgio Bocca, nel 2004, annota su MicroMega: <<Basta con l’anti-antifascismo. Nel regime berlusconiano, l’antifascismo è di nuovo il nemico del sistema, oggetto di una crociata antipartigiana che si trascina secondo i temi e i metodi della diffamazione, dei ricatti affidati ai cortigiani, della falsificazione della storia (anche da parte della supposta opposizione)>>.
Ecco, allora diciamo basta con l’anti-antifascismo e anche con la versione più bonaria dell’ a-fascismo.
Non è in ballo solo e soltanto una questione tutta ideologica. Per chi non ha mai smesso di coltivare la memoria, sa bene che i fascisti non hanno mai smesso di ammazzare. Lo hanno fatto anche finita la Seconda Guerra al servizio di industriali e agrari.
Lo hanno fatto con le bombe sui treni, nelle banche, nelle piazze, nelle stazioni.
Lo hanno fatto negli Anni di Piombo, dal 1969 al 1982, assassinando 25 nostri compagni. Da Domenico Congedo (1969) a Valerio Verbano (1980).
E poi ancora uccidendo Auro Bruni nel 1991, Davide Cesare Dax nel 2003, Renato Biagetti nel 2006.
Chi dimentica è complice.
Emilio Lussu, fondatore del movimento Giustizia e Libertà, il 2 ottobre 1947 dai banchi della Costituente affermava: <<la riconciliazione esige innanzitutto, da parte di quelli che la invocano, una coscienza profondamente modificata; senza di che la riconciliazione sarebbe un turpe mercato nero, morale e politico […]. Non ci si riconcilia con chi trae vanto dall’essere stato fascista militante e repubblichino professionista […]. Con costoro nessuna riconciliazione, né morale né politica, è possibile>>.