DI MARIO PIAZZA
Era da molto che non vedevo qualcuno lasciare un partito a testa alta come ha fatto il professor Carlo Cottarelli uscendo dal PD, una rovente lezione di etica e di stile per le peripatetiche parlamentari pronte a salire sull’auto di chiunque apra loro una portiera.
Mi provoca invece un compassionevole sorriso chi da destra tra lazzi e frizzi esulta per questo abbandono, come se esso non rappresentasse uno dei tanti passi necessari e prevedibili per riportare il baricentro del PD dalle ZTL alle periferie, da troppi decenni lasciate in pasto al ciarlatano di turno.
Non c’è dubbio che nell’immediato le dimissioni di Cottarelli privino il PD di un tassello intelligente, preparato e di ottima resa televisiva ma si tratta di un tassello che nel puzzle che Elly Schlein ha in mente non c’entra nulla, come non centrano nulla altri tasselli molto meno dignitosi come Renzi e Calenda.
Un pezzetto alla volta cominceremo a intravedere la nuova immagine e non è affatto detto che l’assenza di questo o di quello non si traduca invece in una messe di voti, perché gli elettori delle periferie geografiche, economiche e sociali superano in numero di 100 volte quelli delle zetatielle.
La politica dovrebbe essere questa, fatta di identificazione nei programmi e non nelle persone. Senza i latrati e gli ammiccamenti della Meloni e le pagliacciate di La Russa che cavolo potrebbe offrire la destra ai suoi elettori?