DI LIDANO GRASSUCCI
Lo scenario è il bar Turi Rizzo, un angolo di Latina dove abbiamo imparato il dolce che aveva vento di nord Africa in profumi di Sicilia.
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L’evento è una conversazione, siamo ospiti del Turi Rizzo, fa da regista Maurizio Guercio e ci siamo noi… noi conversando da bar, padrona di casa Benedetta Bruni. Mi dico, non verrà alcuno, ma chi vuoi venga a sentire noi che siamo pieni di nostalgie di ozi del tempo, noi che abbiamo tempo ed anche il gusto di sprecarlo come recita Francesco Guccini ne Il pensionato.
Siamo io, Gianni Molon e Massimo Passamonti e non c’è canovaccio, non ci sono preparativi: parleremo del parlare, parleremo di quello che sarà.
Il messaggio? Cito Peppe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, : «Non sono povero sono austero perché voglio la mia libertà e voglio avere tempo di godermela. Non mi piace la povertà, mi piace la sobrietà e mi piace avere un bagaglio leggero».
Ecco al bar ci godiamo la libertà e non mi par poco.
Non c’è canovaccio, Massimo ha un libro “Le città del silenzio”, ricorda Paolo Portoghesi che oggi è morto per dire di quanto lui, proprio davanti al Turi (alle ex autolinee) pensò una piazza all’italiana, una piazza per la gente e non per i muri. Già, al bar si fanno le rivoluzioni, talvolta, ma spesso abortiscono e si fanno suggestioni.
Siamo… Di Norma, Massimo, di Sezze io, cispadano Molon. Molon che è figlio di osti e che rammenta di quando a viale Marconi non c’era la città ma i poderi e non c’erano case ma campi di bocce. Lì i Tony, andavano a farsi un’ombra, a bestemmiare la vita e a far pace con il clintò.
Le persone ascoltano, la saletta si riempie e il caffè non diventa un flash in una giornata, ma uno scorrere lento di idee nel tempo lento che chiamano piacere.
Il pubblico è uso ad attori che parlano da attori, a intellettuali che parlano da intelligenti, sempre presi dalle sorti del mondo di cui non gli frega niente ma lo fanno con serietà. Li la discussione corre tra battute pantagrueliche, serie suggestioni politiche e ricordi di una città da fare, di una campagna a cui ritornare.
Dalle 8.30 alle 9 si possono fare arditi piani, ma alle 9.05 rovina tutto e tutto ridiventa banale. Dice “questi perdono tempo al bar”, ma che dite è l’unico tempo guadagnato è l’altro che è perso. Al bar guardi la gente che viene, vedi la gente che va, e per ciascuno presumi una verità che non è mai vera e il pensiero va. Qualche nostalgia, è vero, su quando eravamo geniali ed ora sentiamo la normalità dei tempi che corrono.
Meraviglia, ci ascoltano. Ma come fare capire il senso? Arriva, per caso, Neno Cecinelli. Lo invoco, lui non conosce argomento, non ha seguito il discorso, stava altrove ma chiamato non si può sottrarre e da uomo di bar inizia a parlare con argomento puntuale sul… parla come se ci fosse sempre stato, come se. Ecco il bar entrare in gioco, non sapere a che gioco si sta giocando, chi sta vincendo, chi sta perdendo, con che cosa si gioca ma giocare.
Che altro dirvi, davanti esseri di covatoio che non conoscono l’aia, non sanno della terra si pensano galli e son capponi. Ma queste son cattiverie da bar.
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Articolo di Lidano Grassucci da
31 Maggio 2023