MARCINELLE E L’IPOCRISIA ISTITUZIONALE ITALIANA

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

“La tragedia di Marcinelle rappresenta per l’Italia “un monito ma anche un simbolo, un simbolo positivo del sacrificio di tanti italiani che hanno permesso all’Italia di crescere economicamente e di risolvere problemi economici che sembravano insuperabili”.

Queste le parole del ministro Tajani sulla tragedia di Marcinelle.
Caro Tajani, parlare di sacrificio, inondandolo di sentimentalismo patriottico è un imbroglio tipico del teatro politico. Nelle vostre trame tragedie terrificanti, sotto la luce della gloriosa appartenenza al G7, si trasformano in eventi che tutto sommato hanno portato benefici. Ciò al costo di 262 vite che si sarebbero potute risparmiare se nel 1956, proprio come oggi, il lavoro non fosse stato quella mercanzia da acquistare al risparmio.
I minatori italiani di Marcinelle non ebbero scelta.
Dovettero emigrare per i limiti clamorosi di un Paese la cui unificazione portò alla più grave discriminazione economica e sociale che il popolo potesse guardare. Uomini, donne e bambini sgomenti e ingannati dalla stessa retorica che gronda da fauci insanguinate di rappresentanti del potere cinico e assassino.
Le parole di Mattarella su Marcinelle, dispiace dirlo, forse pure in buona fede risultano stantie e beffarde: “ Viviamo mesi difficili, segnati dall’impatto di molteplici crisi di diversa natura: dall’esecrabile aggressione russa all’Ucraina ai tanti conflitti irrisolti in altri quadranti geografici, dal cambiamento climatico all’insicurezza alimentare. Tutto ciò accresce la precarietà economica e il rischio di sfruttamento di esseri umani. È quindi più che mai necessario mantenere salda la tutela dei lavoratori. Di tutti i lavoratori, ovunque essi si trovino, quale che sia la loro nazionalità, per prevenire e sanare inaccettabili forme di marginalizzazione”.
I fattori elencati dal capo dello Stato concorrono senz’altro ad aumentare la precarietà economica che sfortunatamente bussa alle nostre porte da decenni in cui nessuno, prima dei disastri attuali, ha pensato di risolvere in modo capillare e definitivo. E paradossale ascoltare Mattarella sulla protezione dei lavoratori ovunque essi si trovino se in Italia non siamo capaci di tutelare dignitosamente gli operai extracomunitari di Fincantieri, le cui condizioni di lavoro farebbero vergognare chiunque.
Solo nel 2022 il Paese ha visto 790 infortuni mortali sul lavoro ovvero più di due morti al giorno e questi dati sono costanti da anni.
Perciò recarsi a Marcinelle e riempirsi la bocca di buoni propositi suona come un’inutile protocollo, a cui gli italiani sono particolarmente affezionati, ma il solito nulla a seguire.
Perciò anche le parole della nostra premier risultano goffe e ipocrite: “ Dei 262 minatori vittime del disastro, infatti, 136 erano nostri connazionali. Avevano deciso, con sofferenza e dolore, di abbandonare la Patria per emigrare in Belgio. Lavorarono duro, con umiltà e dedizione, senza garanzie, in condizioni terribili e ora inimmaginabili. Persero la vita nel buio della miniera, ma – prosegue – la loro luce non si è spenta e risplende nel ricordo e nella riconoscenza tributati loro dalla comunità nazionale.”
“ Avevano deciso” dice la Meloni ma come Tajani capovolge la realtà. Abbandonare la propria terra in cui si morirebbe di fame non è decidere, è una forzatura legata alla necessità di sopravvivere. E le responsabilità di queste morti stanno tutte sulla spalle dello Stato italiano, incapace di garantire quei diritti recitati nella Costituzione ignorata da chi avrebbe dovuto per dovere seguirne i lumi.
La Luce dei minatori non s è spenta perché ancora oggi il nostro Paese è afflitto dalla pochezza e le ingiustizie prodotte da istituzioni insufficienti. E più clamorosamente si osservano cittadini Italiani che avendo assimilato da generazioni l’ingiustizia dell’emigrazione, si meravigliano o si incarogniscono davanti a chi non vuole emigrare e immagina lavoro degnamente retribuito nella propria terra d’origine.