DI ANTONELLO TOMANELLI
Non si sa quanti in Ucraina stiano prendendo sul serio la decisione di Zelensky di silurare tutti i capi dei distretti militari regionali, massimi responsabili del reclutamento dei giovani da mandare al fronte, ma al centro di un grosso giro di corruzione. Pare che molti coscritti, in cambio di qualche migliaio di Euro, siano riusciti ad ottenere l’esenzione da qualsiasi sforzo bellico, riuscendo a riparare all’estero, addirittura in qualche caso scortati alla frontiera.
Certo, la notizia non sarà stata presa con umorismo dalla UE, che tra fondi specificamente destinati alla lotta alla corruzione in Ucraina e le garanzie per i prestiti del FMI, dal 2014 ha impegnato qualcosa come 28 miliardi di Euro.
Ma a quanto pare ci ha pensato Zelensky a risolvere il problema. Il presidentissimo ha deciso di sostituire quei militari felloni con «soldati che sono già stati al fronte o non possono stare in trincea perché feriti, o hanno perso gli arti, ma hanno conservato la loro dignità: è a loro che ci si può affidare».
Come no. Zelensky parla come se in Ucraina il fenomeno della corruzione sia un evento occasionale. In realtà, la corruzione permea ogni istituzione ucraina come i sorrisi contornano il carnevale di Rio. Basti un dato: uno studio condotto nel triennio 2018-2020 da funzionari UE ha individuato e segnalato alle autorità ucraine più di 250 disegni di legge che portano un alto o altissimo rischio di corruzione.
Ma pensiamo al settore che più di ogni altro dovrebbe essere immune dalla corruzione: la Giustizia. A riguardo ogni cittadino ucraino potrebbe raccontare un aneddoto personale. Si va dall’esborso di denaro al cancelliere per iscrivere una causa a ruolo, a quello verso il giudice per anticipare o posticipare un’udienza, o anche per ottenere una sentenza favorevole. Una prassi diffusissima, che ha nauseato persino le associazioni degli imprenditori, che sono arrivate ad invocare organi giudiziari misti, ossia giudici ucraini affiancati nel loro lavoro da giudici internazionali. Cose mai viste.
Quando alcuni autorevoli quotidiani italiani, riferendosi alla decisione di Zelensky, parlano di una Mani Pulite ucraina, significa che sono completamente dissociati dalla realtà.
«La cattura dello Stato da parte dei clan di potenti élite politiche ed economiche, con struttura piramidale e radicati nell’insieme delle istituzioni pubbliche e dell’economia» è l’impietosa fotografia scattata solo qualche anno fa dalla Commissione Europea, che se da un lato non vede l’ora di far entrare l’Ucraina nella UE, dall’altro non esita a definire «La Grande Corruzione» come il peggiore dei suoi mali.
E ora Zelensky vorrebbe convincere che cambiare i responsabili regionali del reclutamento dei coscritti possa costituire la miglior premessa per una efficace controffensiva dell’esercito ucraino?
I nuovi addetti al reclutamento faranno esattamente quello che hanno fatto i loro predecessori, e Zelensky lo sa. Ogni posto dove circola denaro è ambitissimo. Perché in Ucraina la corruzione è considerata un semplice accordo. Che poi costituisca reato, non è rilevante.
La stessa Commissione Europea, nelle sue periodiche relazioni, pone l’accento sulle capacità della «Grande Corruzione», ossia quella dei piani alti, di dar vita ad una piccola corruzione che in Ucraina è diffusa in maniera capillare, tanto da essere facilmente percepita anche dal non addetto ai lavori.
Di fronte a una simile situazione, non si può che prestar fede alle parole del coraggiosissimo direttore dell’Istituto Ucraino di Politica, Ruslan Bortnik: «Il ministero delle Finanze e i due corpi anticorruzione che ogni anno ci costano ciascuno 100 milioni di Euro, dicono che la situazione è migliorata. Non direi. Nessun super corruttore è in galera. Nessun ministro, nessun parlamentare, nessuno della cerchia di Zelensky. Le indagini sono sempre a livelli bassi, è qui la firma del Presidente».