DI CLAUDIO KHALED SER
Ho aspettato in strada che portassero la bara fuori da casa.
Ho aspettato in strada mentre in chiesa si celebrava la sua morte.
Ho aspettato in strada mentre chiudevano la tomba e le davano l’ultimo saluto.
L’ho sempre aspettata in strada.
Quei marciapiedi marchiavano la storia di un amore mai nato tra me e mia “madre”.
Io in realtà una mamma ce l’avevo.
Era la Donna che mi prese in braccio poche ore dopo la nascita e mi tenne con sé, tra le sue braccia per sei anni.
Si chiamava Rina ma io la chiamavo mamma.
Poi un giorno, all’improvviso, comparve una Donna.
Disse d’essere mia “madre”.
Pensai fosse pazza.
Ma purtroppo non era così, il pazzo ero io che non avevo capito d’esser stato messo “a balia” e che il mio mondo in realtà non era mio ma apparteneva a qualcun altro.
Io ero in strada.
Continuai per anni a camminare sui marciapiedi, quelli della scuola, quelli dell’amore.
Aspettavo in strada le ragazzine delle quali, più per noia che per interesse, mi ero innamorato.
Già allora esisteva il “due di picche” ed io ne feci un mazzo.
Cambiai marciapiedi e mi ritrovai in Africa.
Posto meraviglioso perché qui i marciapiedi sono rari.
Ma ci sono le strade, strade dove la gente cammina scansando le auto, strade dove ci si ferma a parlare, strade che ti portano dove vuoi, strade meravigliose per chi, come me, era sempre senza fissa dimora.
La strada é il mio mondo.
Difficile abituarmi ad una casa.
L’ho fatto solo per Lei che sapeva interrompere i miei passi.
Lei che era il mio “marciapiede” preferito.
Lei che amava i miei silenzi, li capiva e si metteva dentro riempiendoli.
Lei che non mi aveva dato il due di picche.
Oggi, sono ancora in mezzo ad una strada.
Più vecchio, meno agile e con sempre meno voglia di camminare.
Ma ci sono loro, gli “altri” che mi chiedono di farlo.
E’ per loro che cammino, é con loro che divido marciapiedi e strade.
Sono i sentieri di sabbia, sono i loro piedi ed io, davanti a loro, segno il cammino, insegno i passi, sorreggo la loro speranza.
Questi Uomini, queste Donne, venuti da non so dove, hanno una meta in testa, camminano per raggiungerla superando enormi difficoltà e ataviche paure.
Anche loro hanno fatto della strada e continuano a farla.
Questo ci unisce.
Ci unirà sempre.
A volte mi chiedo per quanto tempo ancora riuscirò a camminare.
I metri di vita s’assottigliano, ormai conto i centimetri.
Ma di una cosa sono certo, é qui che vorrei terminare i miei passi.
Qui, sulla strada.
Dove sono nato e dove ho consumato la vita.
Sulla strada, dove ho casa.
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