L’EPICA PER FREGARE L’ETICA

DI ENNIO REMONDINO

 

 

Sempre sulle bugie di guerra, racconti presi da molto lontano, addirittura dalla guerra di Troia con l’aiuto di Omero, che, riletto con la dovuta malizia, aiuta a capire meglio tante confuse attualità, con pochi Ettore e troppi Agamennone. E degli Ulisse, spie moderne, molto meno furbi dell’originale. 

Le piramidi e Cleopatra a letto

Sappiamo poco o nulla sugli ingegneri che resero possibile la costruzione delle piramidi d’Egitto, ma siamo stati costretti a studiare tutte le battaglie condotte da Ramsete II in campo o da Cleopatra a letto. Scienza, progresso e tecnica, che hanno migliorato la vita della gente, sembrano contare davvero poco per la storia rispetto a chi, con la guerra, quella stessa vita l’ha accorciata di parecchio. Sembra un destino maledetto. Penso ad Archimede, geniaccio greco vissuto 250 anni prima di Cristo. Alcuni libri ci raccontano degli specchi attraverso cui sarebbe riuscito a concentrare i raggi del sole sulle navi ateniesi che assediavano la città di Siracusa, incendiandole. Che l’episodio sia accaduto è scientificamente improbabile. Certissima è invece la legge fisica formulata da quello scienziato dell’antichità che, spiegandoci come «un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di liquido spostato», che regola da allora l’esistenza di qualsiasi opera umana che galleggi. Ma questo non è né eroico né epico.

Le bugie politiche in poesia

La storia antica è spesso figlia di racconti poetici o letterari più o meno veritieri. Le cose che gli antichi cronisti hanno scelto di raccontarci in rima o in prosa, quelle che sono arrivate sino a noi, sono in genere grandi imprese d’eroi, guerre terribili e gesta di personaggi potenti. Le opere di questo genere si chiamano epiche, dal greco epos, parola e, per estensione, racconto. Dotti ed esimi prof mi spiegavano che non basta trattare d’armi, grandi imprese di singoli o di popoli, anche se in esametri o in rima baciata, per scrivere un poema epico. Questi macelli di gente e di cose vanno scritti con stile adeguato. Adeguato al volume della guerra, dei massacri o delle macerie? E allora, se uno si cimenta nella dimostrazione del teorema di Pitagora o nel commento delle tragedie di Sofocle, può permettersi una scrittura lieve o faceta? Mentre se uno narra la favola di un Achille semidio capriccioso o della dubbia virtù di Elena deve usare uno stile dignitoso e austero, un linguaggio nobile e ricercato, arrivando a scomodare il genio poetico d’Omero?

“L’ epica scolastica che da studente trovavo indigesta, a riflettere sulle guerre e su come si raccontano, ora mi risulta decisamente bugiarda”.

Cronache anche attuali, più epiche che etiche

L’epica non mira alla ricerca del bene, e lo ammette candidamente. I comportamenti dei suoi protagonisti sono tutti discutibili, secondo il nostro metro di giudizio. Comportamenti e ricerca del bene sono concetti che descrivono piuttosto l’etica. L’epica, virtù letteraria, quindi non c’entra niente con l’etica, virtù morale, salvo voler sostenere che i comportamenti dei protagonisti omerici rappresentino almeno in parte l’etica della Grecia arcaica. Audace. Certo è che il racconto epico non ha alcun obbligo di verità e neppure di indirizzare alla virtù. Il principio che domina la narrazione epica è che l’autore sia capace di «sentire e di trasmettere con commozione e impegno la solennità dell’argomento trattato». L’arrabbiatura d’Achille, «che infiniti addusse lutti agli Achei» causa a noi contemporanei il continuo cimento nello studio di un poema di 24 canti e 15693 esametri dattilici, poeticamente esaltanti ma scolasticamente indigesti.

Guerre infinite a cominciare dalla Bibbia

L’Iliade alla fine ci racconta solo 51 giorni di una guerra durata 10 anni. Eppure è il nucleo della letteratura d’occidente, chiosato e celebrato fin da sempre. Al confronto la povera Bibbia, che tra miti, storia, leggi, sapienza e teologia, getta le basi della cultura occidentale, spesso si accontenta dell’attenzione degli addetti ai lavori.  Con umiltà, o forse con un po’ di presunzione: del resto la parola ‘libri’ viene proprio dal greco biblìa. La Bibbia dunque è il libro, testo sacro, libro di etica e assieme libro epico, visto che racconta anche di molte guerre, dei loro eroi e condottieri. Mosè anzitutto, che si oppone al Faraone e guida il suo popolo fuori dell’Egitto. Sansone, il superman di allora che si fa fregare da Dalila che gli taglia i capelli nei quali è contenuta la sua forza, e poi il giovinetto Davide, che prende a sassate il gigante Golia e lo stende. Comunque, anche nella Bibbia, che è il libro per eccellenza, la guerra ha la sua bella parte, e il racconto, anche se ispirato e didattico, proprio sulle guerre non è poi tanto equilibrato e credibile.

La Poesia bugiarda ma religiosa

Gli studiosi ci raccontano che la poesia nell’antichità ha anche una funzione religiosa e rituale. Una celebrazione liturgica pagana dove il poeta-gran sacerdote le spara grosse perché la sua arte non è al servizio della verità o di una morale ma del suo principe-eroe che deve risultare un superuomo, quasi sempre discendente diretto di qualche dio dell’Olimpo. Lo stesso Omero, il sommo narratore del mito, è a sua volta una leggenda. Leggenda è la notizia che ce lo presenta come cieco, errante da una città all’altra. Leggenda il suo luogo di nascita, conteso fra le città di Smirne, Chio, Itaca, Argo e Atene. Leggenda – si sa – la sua stessa esistenza.

Omero, se è mai esistito

Se dall’autore passiamo a investigare storicamente le opere, la situazione non migliora. Per gli antichi Omero, oltre all’Iliade e all’Odissea, avrebbe scritto persino opere burlesche. Già nel primo secolo dopo Cristo, diversi studiosi concludono che Iliade e Odissea non sono frutto dello stesso autore e Omero si trova ridotto alla paternità della sola Iliade. Una sola cosa appare certa in questa selva di misteri omerici: il presunto autore avrebbe scritto degli Achei e della civiltà micenea, scomparsa molti secoli prima. Storia già antica ai tempi d’Omero e tramandata attraverso il racconto orale degli aèdi di corte. Come se uno oggi scrivesse al presente della navigazione di Cristoforo Colombo verso il Nuovo Mondo e ci proponesse quel racconto come testimonianza dell’epoca.

Racconti sceneggiati

In tutte le opere omeriche, e non solo, c’è un protagonista e un antagonista. Come nei telegiornali dai fronti di guerra, dove c’è sempre la parte dei buoni destinata prima o poi a vincere. Nell’Iliade il protagonista è Achille, nell’Odissea Ulisse, mentre nell’Eneide di Virgilio, a molti secoli di distanza, l’eroe è Enea. A ogni protagonista più o meno buono corrisponde un antagonista più o meno cattivo. Personalmente ho sempre preferito Ettore ad Achille, mentre durante l’Odissea tifavo per il ciclope Polifemo o per la maga Circe, contro quel paraculo di Ulisse, che già sapevi li avrebbe in ogni caso infinocchiati. Attitudine all’opposizione. Quale che sia la tifoseria d’appartenenza, lo schema che segna la storia ufficiale, già dalle sue remote origini, è quello della semplificazione e spesso della mistificazione.

I Pinocchio col nome Omero

Omero c’imbelletta, con raffinata poesia e mille fantasie, una feroce e tradizionale guerra di conquista. Sentite come lo stesso monumento all’eroe combattente, che è Achille, parla ad Agamennone, il re dei re Achei, e cosa svela di se stesso nel dare sfogo alla sua ira funesta. La traduzione dal greco è quella di Maria Grazia Ciani e la modernizzazione della tragedia quella di Alessandro Baricco in Omero, Iliade.

“Impudente a avido, bastardo e faccia di cane”

«Uomo impudente e avido, e tu pretendi che gli Achei ti seguano in battaglia? Non sono venuto qui per combattere i Troiani, non mi hanno fatto nulla, loro. Non mi hanno rubato né buoi né cavalli, non mi hanno distrutto il raccolto: montagne piene d’ombra dividono la mia terra dalla loro, e un mare fragoroso. È per seguire te che sono qui, uomo senza vergogna, per difendere l’onore di Menelao e il tuo. E tu bastardo, faccia di cane, te ne freghi e minacci di togliermi il bottino per cui ho tanto penato?»

Guerre sempre di mercato

“Messa così, la guerra di Troia appare certamente più credibile. Perché non restino equivoci, altri due assaggi dal vivo dell’Iliade. Ulisse, che cerca di convincere Achille a riprendere le armi contro i Troiani (anticipazione di alcuni problemi Nato di oggi), come un buon piazzista presenta i doni che Agamennone è ora disposto a elargire”.

Finanziamenti di guerra

«Sette tripodi mai messi al fuoco, dieci talenti d’oro, venti bacili scintillanti, dodici vigorosi cavalli, velocissimi e vincitori di mille gare. Ti darà, Agamennone, sette donne di Lesbo, esperte in lavori perfetti, le stesse sette donne che lui scelse per sé il giorno che tu distruggesti, per lui, Lesbo, la città ben costruita».

E già allora corruzioni di guerra

Nobili sentimenti per nobili sentimenti, Achille replica ad Agamennone attraverso Ulisse. «Dodici città ho raggiunto con le mie navi e ho distrutto. E altre undici le ho raggiunte attraversando la fertile terra troiana, e le ho distrutte. Ho portato tesori immensi, e tutto donavo ad Agamennone figlio di Atreo; e lui, che se ne stava al sicuro, vicino alle navi, nella sua tenda, tutto accettava: molto teneva per sé, qualcosa distribuiva agli altri».

“Maggior chiarezza sulla realpolitik di quella guerra raccontata in versi ed quella moderna in prosa, davvero non si può pretendere”.

 

Articolo di Ennio Remondino, dalla redazione di

3 Settembre 2023