DI PIERO ORTECA
Misterioso e imprevedibile incontro nel fine settimana a Malta, tra il Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, e il Ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi. «La notizia è stata diffusa dalla Casa Bianca, riporta il New York Times, come parte degli sforzi per mantenere aperta la comunicazione tra le due nazioni e mentre le purghe politiche agitano i circoli d’èlite a Pechino».
Tensioni col mondo, l’America è stufa
L’America che litiga col mondo con tante armi e tanti dollari ma poca politica, con regole sempre e solo sue, alla fine crea più problemi che vantaggi e inizia a far paura agli stessi americani elettori che nei sondaggi sulle prossime presidenziali avvertono il Biden uscente. Guerra in Ucraina senza segni di pentimenti del fronte la sfida alla Cina che, dal fronte economico commerciale, inizia a sfiorare pericolosamente quello militare. E benché gli specialisti abbiano parlato, da subito, di un abboccamento fatto per preparare il vertice Biden-Xi di San Francisco, in autunno, altri elementi fanno pensare a una ripresa di contatti più immediata. Quella tra i rispettivi apparati militari, per evitare catastrofici incidenti da ‘miscalculation’, cioè scontri armati colpa di qualcuno che potrebbe premere il bottone sbagliato, nello Stretto di Taiwan.
“Non è un caso che il nuovo ciclo di dialoghi diplomatici, cada proprio dopo il quasi certo ‘siluramento’ del Ministro della Difesa cinese, Li Shangfu, che finora era stato un fiero oppositore della ripresa dello scambio di informazioni tra gli Stati maggiori militari dei due Paesi”.
Tra potenza e prepotenza
Poi, la ragioni per cui l’Amministrazione Biden si sta sforzando costantemente, negli ultimi mesi, di aprire un canale di dialogo con Pechino, salvo poi inciampare in sgarbi o incidenti. Il Presidente americano è in caduta libera nei sondaggi e ha disperato bisogno di recuperare terreno. La guerra in Ucraina gira male, le sanzioni imposte vanno peggio, perché si ritorcono copiosamente sui consumatori occidentali e, per completare il disastro, il ‘disaccoppiamento’ economico dalla Cina, per isolarla, chiude un cerchio di diffusi malumori nell’elettorato. I sondaggi parlano chiaro. Di questo passo i Democratici, nel 2024, perderanno la Casa Bianca. Come ribadisce il New York Times, una delle richieste americane a Xi Jinping è quella di evitare di rifornire i russi di armi e munizioni. E finora a quanto pare questo non è successo. Anche se la potenza del ‘mercato nero’ con le triangolazioni internazionali e i vari giochetti di ‘sponda’, rendono plausibile qualsiasi scenario compresi prodotti Usa verso Mosca.
Ucraina con memoria afghana
In realtà, una delle speranze di Biden, per potere successivamente chiudere la guerra in Ucraina, era che la controffensiva di Kiev avesse successo. Invece, a quanto pare, tutto va troppo a rilento e il tempo lavora contro. Quindi, il Presidente deve scuotersi e scuotere la situazione perché cominciano ad attaccarlo ferocemente anche i suoi. L’altro giorno, sul Washington Post, David Ignatius gli ha mandato a dire, senza tanti complimenti, di togliersi dai piedi. Ieri, sullo stesso giornale progressista americano, un mega-articolo insisteva sulla schizofrenia del Partito Democratico: i dirigenti politici vogliono che si ricandidi, ma la maggioranza degli elettori ne farebbe volentieri a meno. Stando così le cose, qualche successo in politica estera, con la Cina, da monetizzare subito in vantaggi economici, sarebbe una medicina ideale per la sua campagna elettorale di fatto già in corso.
“Secondo autorevoli fonti della Casa Bianca, Jake Sullivan avrebbe concordato con Wang Yi di dare una certa regolarità ai loro incontri. Anche per preparare l’eventuale vertice tra Biden e Xi Jinping, in occasione della riunione californiana ‘Asia-Pacifico’ di novembre”.
Malta e problemi anche cinesi
Secondo quanto scrive il New York Times, i cinesi hanno intuito perfettamente le difficoltà di consenso di Biden e usano tutto questo come un’arma diplomatica. Non diranno, fino all’ultima settimana, se Xi andrà negli Stati Uniti, perché vogliono tenere il Presidente sulla corda. Ma anche loro devono stare attenti, a maneggiare la patata bollente della geopolitica senza bruciarsi le mani. In questo momento l’economia cinese è sotto pressione e la bolla speculativa immobiliare, unita alla immensa crisi debitoria delle amministrazioni locali, potrebbe rivelarsi catastrofica. Andare al muro contro muro non conviene a nessuno. Nemmeno a Xi Jinping che, al contrario di come potrebbe sembrare in Occidente, non è un monarca assoluto, ma solo un ‘primus inter pares’, che deve essere bravo a mediare, più che a comandare.
Tutti i personaggi di grosso calibro che, negli ultimi anni, sono stati liquidati, erano suoi uomini ‘fedelissimi’. Scelti da lui. Per chi conosce la storia dei regimi ‘popolari, questo significa che anche Xi deve guardarsi le spalle. E ricordarsi quello che scriveva il sommo Lao Tzu: «Non salire troppo in alto o sarai il primo a essere abbattuto».
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
18 Settembre 2023