ADDIO A NINA ANDREEVA, LA BOLSCEVICA CHE CRITICO’ GORBACIOV

DI LUCA BAGATIN

Si è spenta a San Pietroburgo, il 24 luglio scorso (ma la notizia si è appresa solamente il 26 luglio), all’età di 81 anni, Nina Aleksandrovna Andreeva, pasionaria del bolscevismo russo.

Nina Andreeva, insegnante di chimica di umili origini operaie, nata nel 1938 a Leningrado (oggi San Pietroburgo) e membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) dal 1966, salì alla ribalta delle cronache nel 1988 per aver scritto – il 13 marzo di quell’anno – una dura lettera pubblicata sul quotidiano “Sovetskaja Rossija” (e che ebbe molta eco anche nella DDR) dal titolo “Perché non possiamo transigere sui principi”.

La sua lettera, che divenne poi celebre con il nome di “manifesto delle forze anti-perestrojka”, fu il primo attacco alla deriva revisionista e riformista di Gorbaciov, che avrebbe portato l’URSS allo sfacelo e alla sua disgregazione, oltre che all’avvento degli oligarchi e del capitalismo più assoluto e selvaggio.

Fedele ai principi marxisti-leninisti, la Andreeva, nella sua lettera, difese i principi socialisti, criticando l’avvento di quello che ella chiamò “un non meglio definito socialismo liberale di sinistra”. Quello che ella ravvisò come un tentativo di smantellare le conquiste sovietiche e di falsificare la storia del socialismo, al fine di aprire la strada al capitalismo, all’imperialismo e al cosmopolitismo occidentale e borghese.

Nella sua lettera criticò, altresì, le tendenze “conservatrici e tradizionaliste”, che avrebbero voluto superare il socialismo facendo un salto all’indietro.

La Andreeva, dunque, concluse la sua missiva ritenendo che fosse necessario tornare alle origini dei principi socialisti e sovietici – donati al popolo da Lenin – e che su questi non si dovesse transigere. E accusò Gorbaciov e i suoi collaboratori di non essere dei veri comunisti.

Tale lettera fu accolta con fervore dalla fazione conservatrice e intransigente del PCUS e ciò permise alla Andreeva di guidare, nei primi Anni ’90, la fazione bolscevica del Partito, la quale portò, nel 1991, all’espulsione di Gorbaciov dal PCUS stesso.

Nel 1991, Nina Andreeva, fondò il Partito Comunista di tutti i Bolscevichi, ancora oggi presente nel panorama politico russo con la deniminazione Comunisti di Russia e oggi guidato dal giovane Maksim Suraykin, classe 1978. Uno dei pochi partiti di ispirazione socialista al quale è consentito presentarsi alle elezioni (oltre che al KPRF di Zjuganov).

E sono proprio i Comunisti di Russia a dare, sul loro sito, la notizia della scomparsa di Nina Andreeva, che ricordano essere stata “un simbolo di integrità, lealtà all’idea comunista, lealtà allo Stato sovietico. Nella vita ordinaria, Nina A. Andreeva era una persona semplice, gentile e comprensiva, molto colta e educata. Per tutta la vita ha vissito in un modesto appartamento a Leningrado”.

I Comunisti di Russia, che rivendicano l’eredità sovietica di Lenin e Stalin, pur opponendosi all’attuale governo liberal autoritatio di Putin (come tutte le forze socialiste russe, compresi i nazionalbolscevichi di Limonov, il Fronte di Sinistra e i comunisti del KPRF), sono in forte concorrenza ideologica anche con il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) guidato da Gennady Zjuganov, la cui consistenza elettorale è, ad ogni modo, maggiore. Costoro, infatti, accusano il KPRF di essere eccessivamente transigente e moderato.

Con Nina Andeeva – la prima a prevedere l’involuzione della Russia in senso capitalista e oligarchico – se ne va un pezzo di storia sovietica e russa. Un pezzo importante della storia del bolscevismo.

Luca Bagatin

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