DELITTO E CASTIGO

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Noi “boomer” siamo cresciuti, complici il clericalismo e il paternalismo che negli anni 50 e 60 la facevano da padroni, con due convinzioni sbagliate.
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La prima era che sarebbe bastato essere buoni e bravi per ricevere dalla vita le cose migliori, e la seconda che per ogni cattiva azione sarebbe arrivato prima o poi un castigo. Poteva essere inflitto dai genitori, dagli insegnanti o magari direttamente dal padreterno ma immaginavamo che ben difficilmente l’avremmo fatta franca.
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Ne è passato di tempo da allora e la vita mi ha insegnato che si trattava di due gigantesche fandonie ma quell’idea del castigo, terreno o divino, è rimasta dentro di me come un’illusoria consolazione davanti alle porcherie del mondo.
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Delle porcherie del mondo di cui sono stato testimone e coevo, almeno di quella parte di mondo di cui riesco ad avere notizie verificate e quotidiane, ciò che sta accadendo in Palestina è di gran lunga la più orrenda e intollerabile.
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Per questo da qualche parte nel mio intimo, quello che sfugge ai ragionamenti, alla convenienza e alla morale, sto aspettando che arrivi il castigo e non mi importa un fico secco se esso arriverà dall’Iran, da Hezbollah, da Hamas o da Geova in persona.
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So bene che è sbagliato, ma provate voi a discuterci col mio intimo.