DI PAOLO DI MIZO
In poco più di 24 ore l’intervista di Tucker Carlson a Vladimir Putin ha superato i 170 MILIONI di visualizzazioni su X (ex Twitter). A queste bisogna aggiungere milioni di visualizzazioni sul sito web di Carlson e soprattutto milioni di visualizzazioni realizzate tramite gli account di chi ha condiviso l’intervista su X (circa un milione di condivisioni fino a questo momento) e su altri social o canali web e Telegram.
L’intervista di due ore a Putin è forse l’evento mediatico più visto della storia. Per la prima volta un solo e semplice account di X ha realizzato più audience di quanta ne raccolgano in un giorno, messe insieme, tutte le televisioni americane, che sono centinaia tra reti nazionali e locali e che investono quotidianamente decine o centinaia di milioni di dollari nella programmazione.
Credo che neppure eventi trasmessi in mondovisione come il Concerto per l’Africa del 1985 abbiano conosciuto numeri minimamente comparabili.
Definirla un’intervista storica, quindi, non è affatto eccessivo. E nello stesso tempo è una storica sconfitta della censura occidentale, che da 2 anni si accanisce spegnendo e oscurando tutte le fonti di informazione russe o non allineate, inclusa la spietata censura praticata a piene mani da FB, YouTube, Instagram e via dicendo.
Se le dittature occidentali volevano che il pensiero di Putin non raggiungesse i nostri popoli – ovvero “il miliardo d’oro” degli occidentali, inclusi Giappone e Sud Corea -, allora Carlson le ha beffate in maniera eclatante.
Senza disporre di una televisione (licenziato l’anno scorso da Fox News), senza disporre di grandi mezzi e di supporti statali, un individuo ribelle ha gabbato i poteri occidentali, a partire dall’amministrazione USA.
In tal modo Carlson ci ha insegnato che per la libertà e la verità esiste ancora una via, a cui le dittature occidentali faticano ad opporsi, ed è la via della resistenza morale.
Ognuno di noi, nel suo piccolo, scelga questa via, che è l’unica resistenza possibile alla ricca dittatura “democratica” del ricco e “democratico” occidente.
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