DI GIOACCHINO MUSUMECI
Peter Gomez, direttore del Fatto Quotidiano On Line, interpellato da Tiziana Panella ha affermato che Giorgia Meloni si aspetta le dimissioni di Giovanni Toti. La situazione del presidente nell’inchiesta che lo vede imputato per corruzione è molto critica.
Le intercettazioni inchiodano Toti ma la reazione della maggioranza è uno sberleffo ai cittadini: è consistita, commenti di protocollo a parte, nel calendarizzare un emendamento formulato da Enrico Costa di Azione e Maria Elena Boschi di Italia Viva. Questo è teso a limitare l’uso dei Trojan a casi strettamente necessari nell’ambito delle indagini.
Intanto va segnalato che solo grazie allo strumento ostracizzato da Azione e Italia viva ma non di meno dal ministro della Giustizia Nordio, e in generale dalla Dx, sono stati smascherati corruttori e traffichini sia nel CSM ( vedi Palamara) che nella pubblica amministrazione come nel caso di Toti.
In considerazione delle commistioni tra crimine organizzato e certa imprenditoria tangentara che in assenza di referenti politici dovrebbe concorrere senza apposite norme a sostegno o bandi di gara pilotati, il Trojan è uno strumento utilissimo nella prevenzione dei reati contro la pubblica amministrazione.
Ciononostante è avversato da forze politiche indirettamente favoreggianti corruttori e beneficiari che devastano il paese fin dall’unificazione.
Il principio liberale che la Dx sbandiera a ogni occasione è deformato della corruzione: favoreggiare i tangentari nel libero mercato è aprire il viatico alla circolazione di capitali sporchi riciclati con donazioni a partiti o esponenti di spicco di certe forze politiche. Inoltre saranno giocoforza esclusi i concorrenti onesti perché chi dovrebbe gestire la cosa pubblica imparzialmente sottostà alla legge della tangente, il cosiddetto “do ut des” tanto in voga.
Il dato comico nelle osservazioni di tanti commentatori è contenuto nell’alibi della tracciabilità dei pagamenti offerti al governatore. In sintesi Il reato di corruzione non si configura propriamente nel modo in cui il denaro è donato al politico, il magistrato verifica se a quel denaro corrisponde un vantaggio per l’imprenditore o i donatori se sono più di uno.
Così la donazione diventa tangente e, tracciabile o meno purché sia individuabile, configura il reato di corruzione. Se il denaro è tracciabile è anche meglio, se così non fosse sarebbe possibile ipotizzare il reato ma non esisterebbe modo di provarlo perché risulterebbe che l’iniziativa politica non deriva da un guadagno in termini di denaro. Perciò grazie per aver reso le tangenti tracciabili.
A parte questo Meloni non può aspettarsi dimissioni da Toti almeno fino a quando non avrà fatto dimettere la sua ministra del turismo Daniela Santanché. Alla faccia degli italiani l’ultima cosa importante nel governo Meloni è il profilo etico/morale dei suoi ministri. Perché a Giorgia Meloni dovrebbe importare il profilo etico di Toti e guardare le sue dimissioni senza creare malumori nella maggioranza. E chi se ne frega della Meloni voltagabbana che sbraitava contro gli indagati altrui. Giusto signori fenomeni meloniani?
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Gioacchino Musumeci