DI CLAUDIA SABA
Una lettera di Patrizia.
Per spiegare abusi e soprusi di una donna.
Ma non può bastare questo per avere giustizia.
E non basta infatti.
Anni di lotta, pregiudizi, ansia e umiliazioni per arrivare a una sentenza che non ripagherà mai le sofferenze di una donna.
Perché è sempre la donna che deve provare, dimostrare, argomentare per riuscire ad evitare la gogna.
Che invece molte volte non si riesce ad evitare.
Lei invece lo ha fatto. Ha provato ad affrontare con forza la gogna.
E con fatica ha vinto la sua battaglia. Ma quante donne non hanno la sua stessa forza e si arrendono all’ingiustizia?
Qui la sua lettera.
La lettera di una donna.
Cruda.
Senza fronzoli.
Leggetela …
“Ti porterò via i figli perché non ti crederà nessuno”.
Ed è vero.
Non ti crederà nessuno.
O almeno ti convinci che non ti crederà nessuno, perché a guardarsi intorno, nessuna donna imbottigliata nel tunnel della violenza si presenterà a dire “Dai che ci vuole? Ne sono uscita in tempi ragionevoli, la mia vita è quella di prima e il violento consegnato alla giustizia”.
No.
Il maltrattante comincia prima, laddove ha terreno fertile.
“Ti porterò via i figli e non ti crederà nessuno”.
Ed è vero: non ti crederà nessuno.
Non subito almeno.
Nemmeno tu crederai a te stessa.
Ti guardi intorno e sembra che tu sia sola al mondo a vivere come vivi tu.
“Non ti crederà nessuno”
“La colpa è tua”
“Ti sei inventata tutto”
“I bambini ripetono quello che dici tu”
Il maltrattante comincia così. Protetto, impunito, legittimato da una società per la quale le donne sono isteriche, colpevoli, simbiotiche, alienanti, streghe, puttane.
Ti guardi intorno e cominci a sentire di qualcuna che si è ribellata, e la cui odissea rimbalza dall’ufficio della questura a quello della neuropsichiatria a quello di un tribunale.
Qualcuna che poi si è trovata le istituzioni a tormentare i figli, figli accusati di essere bugiardi e manipolati. Non vuoi finire così. Non vuoi che i tuoi figli vivano un calvario simile.
Non ti crederà nessuno.
È la tua paura più grande, insieme alla paura che succeda qualcosa di peggio.
Ma tu ricorda:
Sei un’alienata, non un’alienante.
Sei alienata dalla violenza.
Sei alienata da una società radicata nel pregiudizio che tu sia colpevole, e per questo sei vittima due volte.
Non è colpa tua, non hai fatto niente di male.
Ricordalo.
E denuncia, parla, perché nel tuo silenzio prospera e cresce il violento.
L’alienante è il violento.
Alienanti i suoi complici, i conniventi, la struttura sociale e giuridica che ne garantisce l’impunità.
L’alienazione parentale non esiste se non nella testa dei violenti che la ingenerano coi loro comportamenti. Nessuno vuole stare con qualcuno che lo mette a disagio, che lo espone alla sofferenza. Per questo, i bambini devono essere protetti e creduti e non spediti a farsi vedere. A farsi vedere ci deve andare l’adulto che se non è violento e si sente rifiutato vuole capirne i motivi, non mettere nella merda i figli.
Sono stata accusata di alienazione parentale.
Ci sono voluti sei giudici.
Sei.
Due cause civili.
Anni.
Un processo penale in corso.
Sei giudici, per dire, comunque, che la donna nella foto non è un’alienante. E che i suoi figli non sono bugiardi.
L’accusa di alienazione parentale per una vittima di violenza è un abuso, un ulteriore crimine che grida giustizia al cospetto di Dio.
E non può essere giustificata da nessuna legge degli uomini”.
Patrizia Cadau