DI ANTONIO CIPRIANI
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Si tratta di un fronte fondamentale quello di raccontare e raccontarsi.
Nell’epoca gonfia di una massa di informazioni colorate e affascinanti, ridondanti a tutte le ore, urticanti continue e pronte a soddisfare i bisogni più parcellizzati e inutili, è scomparsa ogni idea di gerarchizzazione dei saperi, delle informazioni, centrata sull’importanza e sulla qualità. Siamo pieni di cose gettate nella nostra vita con rapidità, frammentate e che ci impediscono di mettere in questione la realtà che viviamo. La sensazione è di sapere tutto o per lo meno di afferrare qua e là pezzi di conoscenza su tutto. Ma niente che possa scendere nella coscienza.
“Siamo classi subalterne, non importa se con zero soldi o tanti soldi, siamo classi subalterne culturalmente. Private di parola.”
Questo è il punto. La parola. L’origine del pensiero critico, la capacità di mettere insieme idee e progetti, alternative, politica.
Di questo parliamo. Di fronte all’egemonia tossica di un racconto della realtà assurdo, mediaticamente e socialmente, declinato in sfumature politiche alternative troppo lievi per mettere in dubbio l’essenza indiscutibile del potere ingiusto e bellico, occorre riprendere il filo del discorso.
“Ricostruire luoghi in cui nutrire memorie, progetti per coltivare comunità, idee per non essere passivi spettatori mediatici, per riprendersi le strade, le piazze, le feste, le discussioni, la politica, i paesi.”
Attraverso la parola. Attraverso le idee che hanno radici sul terreno in cui viviamo. Non gli slogan a cappero, non le seghe mentali dei borghi e delle riqualificazioni che altri interessi, lontani dal bene comune, calano sui territori come una colata di cemento culturale.
Remare contro corrente. Continuare a lottare anche quando tutto sembra perduto.
“Queste parole, in vista di progetti che facciano della partecipazione e del “fare del pensiero un’azione” la base culturale, sono dedicate a Tommaso Verga, battagliero coraggioso difensore dei diritti di tutti, del bene comune, della possibilità necessaria e democratica di raccontare e raccontarsi. Soprattutto quando chi ha potere e mezzi vuole farlo.”