Don Pino Puglisi, morì per gli uni e per gli altri, per tutti

DI PIERO GURRIERI

REDAZIONE

 

Sono trascorsi 31 anni dal giorno in cui ammazzarono don Pino Puglisi: era il 15 settembre 1993, giorno del suo compleanno.
Intorno alle 21 don Pino stava rientrando a casa, in piazzale Anita Garibaldi a Brancaccio, quando qualcuno lo chiamò. Lui ebbe appena il tempo di girarsi, di sorridergli e di sussurrare “Sì, me l’aspettavo”. Un altro gli scivolò alle spalle e gli sparò un colpo di pistola alla nuca.
Mori sul colpo. Sulla sua tomba di allora, nel cimitero di Sant’Orsola, a Palermo, furono scolpite queste poche, semplici parole, pronunciate da Gesù e tratte dal Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Lo uccisero perché, togliendo dalla strada bambini destinati a essere risucchiati nel mondo mafioso, toglieva ossigeno ai clan.
“Il primo dovere a Brancaccio è rimboccarsi le maniche. E i primi obiettivi sono i bambini e gli adolescenti: con loro siamo ancora in tempo, l’azione pedagogica può essere efficace”. Sue parole. I boss prima lo minacciarono, a più riprese, lui non li considerò nemmeno.
Lo conobbi a Palermo tanti anni fa, quando era assistente della Fuci ed io responsabile Fuci Sicilia. Era una persona buona ed umile, cui piaceva stare con i giovani. Il suo sorriso e la sua stretta di mano sono un ricordo che porterò sempre con me. Come la sua straordinaria lezione, che impone scelte precise: o stai da una parte o dall’altra. Perché difficilmente, in alcuni contesti, esistono mezze misure.
“Se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può far molto” amava ripetere. Ma io penso ancor di più a un’altra sua riflessione: “È difficilissimo morire per un amico, ma morire per dei nemici è ancora più difficile”. Perché lui, don Pino, morì per gli uni e per gli altri, per tutti.
Grazie, don Pino.
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Piero Gurrieri tra la gente