DI GIANCARLO SELMI
Cui prodest?
È la domanda che mi sto facendo da giorni, in riferimento alla crisi di nervi e alla disperata, ansiosa iperattività di grillo. Che, a leggere le veline delle agenzie e gli articoli dei giornali, tutti ormai misteriosamente alleati del comico genovese, smentendo un decennio di linee editoriali, sarebbe tutta protesa a difendere regole (in realtà una sola) e simbolo del Movimento 5 Stelle, dall’assalto dei barbari della maggioranza degli iscritti, uniti in esercito per colpa di un’assemblea Costituente.
Assemblea che, a detta di non meglio identificati “ambienti vicini a Grillo”, così recitano tutte le agenzie, “non s’ha da fare”. Come il matrimonio fra Renzo e Lucia. Ultimo coup de théâtre che Grillo si è intestato, incalzando un Giuseppe Conte che, al suo contrario, ha elegantemente adottato un basso profilo, riguarda uno scambio di PEC. Uno urla, l’altro sussurra. Parte tutto dalla lettera pubblicata da Grillo sul suo blog, con la lista della spesa delle cose che, con riferimento allo svolgimento della Costituente, Conte dovrebbe comunicare. Una lettera evidentemente scritta da un avvocato e che lascia palesemente intendere l’avvio di azioni legali.
Alla lettera Grillo ha fatto seguire una PEC. E anche qui entriamo nel campo preferito dagli avvocati. Altrimenti, a cosa si deve l’utilizzo di una PEC? Giuseppe Conte ha risposto con un’altra PEC, il cui contenuto è rimasto ignoto fino a oggi. Fino a quando, incalzato dalle allusioni del comico, (“quella PEC è un ricatto, lo invito a pubblicarla”), Conte l’ha pubblicata. E il “ricatto” sventolato da Grillo si è palesato: riguardava null’altro che la normale chiusura di un contratto, quello dei 300.000 euro, per inadempienza contrattuale di una delle parti. Perché è difficile che si coniughino gli impegni presi da Grillo, di comunicazione e pubblicità del Movimento, con una campagna di delegittimazione del Presidente, degli iscritti, di un organo deliberativo qual è l’assemblea, del Movimento stesso.
Conte, nella lettera, difende la Costituente, il ruolo degli iscritti nella determinazione dell’impianto organizzativo e del tracciamento della linea politica. Difende, insomma, un momento di altissima democrazia, dalle ingerenze di chi quel processo intende bloccarlo dall’inizio, esercitando poteri di veto neppure previsti. È evidente che Grillo considera il Movimento una dépendance della sua casa. Quindi viene la domanda: Cui prodest l’atteggiamento di Grillo? Non giova al Movimento sicuramente. Gioverà a chi un Movimento 5 Stelle diverso, organizzato, autorevole, finalmente dotato di una linea politica “per” e non “contro”, non lo vuole. La volontà di mettere a terra la difesa di deboli e fragili, contro le guerre, per l’ambiente e la sostenibilità, da parte di un più autorevole e radicato soggetto politico, fa paura.
E non fa paura, certamente, a iscritti, elettori e potenziali elettori. Ma agli eterni “padroni delle ferriere”, ai quali una forza seria, organizzata, radicata romperebbe le uova nel paniere. Molto di più che l’esercito degli urlatori alla luna. Un esercito fatto di molti miracolati e impreparati soldati che, come si è visto, hanno cambiato fronte appena possibile. Quel Movimento era gestibile. Il prossimo lo sarà molto meno. Il problema non sono i mandati, il simbolo o altro. Quelli sono solo pretesti. Il problema è costituito dalla discesa in campo di un soggetto politico più credibile e con quei programmi. Per questo Grillo non dovrebbe chiarire il cui prodest e motivare le crisi di nervi, ma svelare per quale squadra stia veramente giocando.
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Giancarlo Selmi