La Libia non esiste più

DI CLAUDIO KHALED SER

 

C’é un territorio a pezzi, governato da Milizie, Brigate, Bande, Tribù, e da chiunque altro abbia un fucile in mano.
C’é un governo a Tripoli, gestito dall’Occidente ed ignorato dai libici, in preda ad una sclerosi politica, incapace di gestire anche l’ordinaria amministrazione, ricattato dalle Brigate armate che gestiscono il potere territoriale in base alle loro esigenze, rifiutando qualsiasi condizionamento e disubbidendo ad ogni legge o semplice misura adottata da Tripoli.
C’é Haftar ed il suo degno figlio che occupano militarmente la parte est, la Cirenaica, presi da un delirio di potere che non ammette ostacoli. Un esercito di fanatici soldati che imperversano nei villaggi, razziando, stuprando, violentando ogni essere umano.
C’é un Sud, il Fezzan in mano alle tribù locali che dettano legge di villaggio in villaggio, scontrandosi spesso tra di loro per miseri bottini di “guerra” come un pascolo o un torrente.
Esiste un Consiglio delle Tribù, totalmente ignorato, centro permanente di dispute, risse, aggressioni.
C’era una Nazione ed un Popolo.
Oggi c’é il nulla.
Ci sono i Migranti arrivati dai Paesi sub sahariani, chiusi nei lager, merce di scambio tra le fazioni in lotta, carne da lavoro, carne da sesso, carne da macello.
Vivere anche solo giorno in un lager é una conquista e molti di loro non vedono tramonti.
Ma ne arrivano sempre, catturati dalle milizie a sud nei pressi del confine, incatenati, caricati sui camion e venduti in piazza come si faceva una volta in America.
Si fa ancora, si fa oggi, si fa in quella terra che un tempo chiamavamo LIBIA.
Il campo-lager di Birak é stato abbandonato ma decine di Persone vivono ancora tra le lamiere contorte.
Sono profughi del Niger, scampati alle violenze dei soldati libici.
Non sanno dove andare, non possono andare da nessuna parte.
L’Algeria e la Tunisia hanno chiuso le frontiere, gli eserciti presidiano ogni valico, ogni passaggio.
Forzare i blocchi significa morire.
C’é un solo “passaggio” aperto a XX, proviamo a farli passare da quella parte, qualcuno si rifiuta e resta rintanato tra le macerie.
Di notte, sotto una pioggia insistente, il camion parte, trasportando terrore ed orrore.
E’ quello che resta degli Esseri Umani.
Non possiamo proseguire per Sebha.
C’é Haftar con i suoi soldati a presidiare un piccolo aeroporto e la strada di collegamento.
Sparano a chiunque s’avvicini, anche alla Mezzaluna Rossa.
Ci dirigiamo a nord, verso Hon dove esiste un altro lager clandestino gestito dai miliziani.
Dove esisteva.
Adesso non c’é più traccia né di soldati, né di migranti.
Ci sono cumuli di terra smossa, sembrano grandi buche ricoperte in fretta.
Non vogliamo sapere cosa si nasconde là sotto.
Domani proseguiremo per Zallah, poi se ce lo permetteranno, vireremo a sud verso Murzuq e Al Qatrun dove saremo protetti dalle guardie del nostro “Amico” che comunque non vede l’ora di scortarci verso la Tunisia.
A presto.
Inchallah
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Claudio Khaled Ser dalla Libia