Cittadinanza: un dibattito surreale e penoso

DI MICHELE PIRAS

 

Se nasci in Germania e i tuoi genitori sono residenti lì da almeno 8 anni sei cittadino tedesco e non ti fanno richieste stupide sul rispetto delle loro leggi, poiché danno per scontato che le rispetterai, in caso contrario ti sanzionano.
Cioè in Germania presumono che tu non sia un delinquente solo perché sei un migrante o perché professi un credo diverso dalla maggioranza, fino a prova del contrario.
In Germania non ti chiedono se mangi würstel e krauti né se berrai la Ichnusa o la Löwenbräu, perché non ritengono che questo abbia a che fare con un maggiore grado di civiltà.
In Germania investono su di te a due anni, ti fanno diventare tedesco e non ritengono un problema il legame che manterrai con le tue origini di sangue o sul fatto che magari avrai una doppia cittadinanza fino ai 18 anni.
Qui da noi sbraitano davanti a 500 mila firme che propongono di dimezzare i tempi di legge per coloro che qui hanno deciso di costruire il loro progetto di vita, che già operano e lavorano e contribuiscono seguendo le nostre regole e poi declinano con toni melodrammatici una serie di sciocchezze e assurdità che, per loro, sarebbero caratteristiche di italianità.
Qui da noi se sei povero o un semplice lavoratore straniero la cittadinanza non l’avrai mai, se sei un calciatore argentino o brasiliano con lontanissime origini italiane ti stendono tappeti rossi.
E la nostra legge di cittadinanza non funziona, punto e basta, genera discriminazione, non coglie le trasformazioni sociali, frena lo sviluppo del Paese.
E un dibattito più surreale e penoso è davvero difficile da immaginare.
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Michele Piras