DI MARINO BARTOLETTI
E’ incredibile come quello che è stato il più celebre “divo” italiano nel mondo (nell’accezione più cinematografica del termine) sia stato allo stesso tempo un “antidivo” per eccellenza: quasi ai confini del disinteresse per il suo successo: “aiutato” da una pigrizia naturale e anche da una timidezza che certamente non ne hanno mai intaccato né il talento, né la professionalità (declinati in tutti i modi possibili e ovviamente sempre arricchiti dalla sua bellezza).
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Oggi Marcello Mastroianni compirebbe cento anni. Pur mantenendo la stessa “maschera”, ma con l’aiuto di un consapevole evolversi del tempo, ha fornito prove di una bravura mostruosa dando di sé un’immagine sempre diversa, a volte antitetica a quella che credevamo di esserci definitivamente fatta di lui. Che cos’hanno in comune – se non il suo nome nelle locandine – Fefè e Oreste, Dummì e Marcello, Gabriele e il professor Sinigaglia, Tiberio e Antonio, Guido e Romano, Carmine e il tenero, ormai anziano Matteo?
Ha avuto “solo” tre nomination per gli Oscar come miglior attore: “Divorzio all’italiana (1961)”, “Una giornata particolare” (1977) e “Oci ciornie” (1987). La riflessione è scontata, ma mi è difficile trattenerla: se fosse nato a Los Angeles invece che nella deliziosa Fontana Liri, gli sarebbe bastato uno scaffale per metterci tutte le statuette?
Tento (e propongo) un gioco quasi impossibile. Se vi va, scrivete quelli che per voi sono (non necessariamente nell’ordine) i suoi primi cinque migliori film. Li butto giù di getto, sapendo che potrei immediatamente ripensarci: “La dolce vita”, “Matrimonio all’italiana”, “Dramma della gelosia”, “Una giornata particolare”, “Stanno tutti bene”.
Ci aggiungo un “grazie Marcello”. Anche per la tua ironia e la tua semplicità.
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Marino Bartoletti