Piccola cronistoria del PD dopo Renzi

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

Dopo la disfatta di Letta nelle ultime elezioni nazionali, il PD scoprì improvvisamente l’esigenza di rifarsi un nuovo look. Qualche piercing, uno o due orecchini, qualche tatuaggio e l’eskimo. Sì il mitico eskimo, quello che sapeva tanto di sinistra, megafono e lotta al capitale.
Ah, il capitalismo. Sì, perché la sinistra ha ragione di esistenza quando lotta contro l’accumulazione dei capitali, non quando l’aiuta. No lotta al capitalismo, no party. E lì cominciarono i problemi.
Chi avrebbe dovuto lottare contro il capitalismo? Guerini? Serracchiani? Oppure Del Rio? Ma non mi dite… Bonaccini? Forse Franceschini? O Gori? Che ne dite lasciamo l’incarico a Sala? O facciamo in modo che se ne occupi De Micheli? Lotti? Gastone Moschin? Giuliano Gemma? Tex Willer? Ugo Tognazzi o il poro accappatoio?
Il dibattito tenne impegnati i talk show e i giornali fiancheggiatori. Rosi Bindi, unica degna di ascolto, tuonò ciò che tutti sapevano: “il PD è diventato il partito delle élites, ha perso gli agganci con il mondo operaio e con le periferie, più a destra che a sinistra e, così, non ha più motivo di esistere”.
Durò molto il dibattito. Tutti vennero assaliti dalla disperazione. E, magicamente, apparvero in televisione le poche oasi di vera sinistra-pensiero, Gianni Cuperlo e pochi altri, scomparvero invece per qualche tempo, lobbisti, affaristi, noti amici degli amici, renziani (la peggiore categoria), cacciatori di gettoni di presenza in qualche dorato consiglio di amministrazione.
E così uscì fuori lei, la pasionaria di sinistra, quella che con Renzi e i renziani neppure un caffè, sterminatrice di cacicchi e affini.
Armata di eskimo, megafono e gridando viva le masse oppresse, promise svolte e derattizzazioni. Accese le speranze di tutti. Anche di quelli meno sprovveduti e fiduciosi. Avremo finalmente in Italia la sinistra? Si chiese qualcuno. Visto che i destrorsi non possono fare proposte contrarie alla loro idea di base, che rimane quella di fare diventare ancora più ricco chi ricco lo è già, proposte non ce n’erano. E allora la nostra eskimo-provvista Elly, pensò bene di appropriarsi di quelle del Movimento 5 Stelle.
“Riuscirò a prendere tutti per le terga?”, si chiese. E per un pochetto ci riuscì pure. Nacque la speranza che un’alleanza progressista si potesse fare. Per un attimo si pensò perfino che lo stigma prodotto da 30 anni di compiacenza a Berlusconi, di personaggi tipo Renzi e di politiche neoliberiste, potesse essere rimosso. Che si potesse progettare un’alternativa valida alle destre, con programmi di politica economica espansiva, nuovi patti sul lavoro, welfare, giustizia ed equità sociale. È bastato che avessero un piccolo successo alle elezioni europee e hanno messo fuori la faccia precedente, quella che non avevano mai cambiato. Bindi e Cuperlo sono scomparsi dai talk show e sono riapparsi quelli che si nascondevano prima. Ahiahiai. E la eskimo-provvista? È diventata armocromatica.
Il megafono è stato sostituito da microfoni con autotune incorporato. Il linguaggio dei primi giorni di passione progressista, sostituito da criptiche dichiarazioni che dicono il doppio della metà di nulla e che nessuno capisce. I cacicchi sono diventati amici e collaboratori. I renziani sono stati sostituiti da Renzi in persona. Il fronte progressista, chiamato campo largo (si capisce perché) è ormai un campo santo.
Potrà farsi? La speranza muore per ultima. Ma avverrebbe solo se si applicasse la corrispondenza di amorosi programmi. Con chi? Con Renzi mai. Con Guerini, con Franceschini, con la Serracchiani e con il resto dell’allegra brigata? Potrebbe essere, qualora fossimo tanto stolti da pensare che quella gente sia progressista.
La vedo veramente dura. E lo dice uno di sinistra.
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Giancarlo Selmi