La resa dei conti

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Finalmente. Dopo due anni di vuoti siparietti a base di populismo e di retorica tutti indirizzati alla conquista della irraggiungibile per penuria di materia prima “egemonia culturale”, questo governo di improvvisati statisti, capistazione, letterati, giuristi e clown deve affrontare l’unica cosa che agli italiani sta veramente a cuore: le tasse.
Non che in questi due anni passati non se ne sia occupato ma lo ha fatto sottraendo spiccioli dalla cassetta delle elemosine mentre i suoi elettori celebravano la messa cantata. Quattro soldi dall’iva sui pannolini e altri quattro sulle incombenze burocratiche, convinto che per finanziare la flat-tax, il ponte sullo stretto, i regali all’Ucraina e i lager in Albania sarebbe bastato depredare i più poveri di quel poco di sostegno pubblico di cui godevano. E mettiamoci pure quella dozzina di condoni ribattezzati con nomi comici come i ravvedimenti operosi e le domande di emersione.
E invece no, non bastano e il ministro dell’economia lo ha dichiarato senza mezzi termini nella sua intervista a Bloomberg, il leader mondiale dell’informazione finanziaria.
Ora la sfida tra il governo e la decenza si sposta sul terreno dei numeri dove occhioni cerulei sgranati e ruggiti nostalgici non contano nulla e il problema è grosso: come conciliare un elettorato ad altissimo tasso di evasione con la improrogabile necessità di fare cassa?
Sarà una bella sfida anche per noi contribuenti onesti per amore o per forza, perché non sarà facile accorgerci dei mille modi con cui il governo più subdolo della storia patria dai tempi dei Borboni riuscirà a sfilarci le mutande senza toglierci i pantaloni.
Le accise sul gasolio non sono che un piccolo antipasto.
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Mario Piazza