Trump e il sogno di un mondo senza giornalisti

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Tiziana Ferrario da ARTICOLO VENTUNO –

Lo ha detto chiaramente ieri in Pennsylvania, stato chiave in bilico, durante l’ennesimo comizio carico di parole divisive e scioccanti. Indicando lo spessore dei vetri che lo proteggono dopo l’attentato che ha subito, rivolgendosi ai giornalisti sotto al palco ha commentato: «Per uccidermi dovrebbero passare con i proiettili attraverso i rappresentanti delle fake news. Non mi dispiacerebbe affatto ».  C’è chi, tra i suoi sostenitori ha approvato l’idea, ma il suo staff ha poco dopo raddrizzato il tiro minimizzando. ”Scherzava” hanno scritto in un comunicato. Eppure gli attacchi alla stampa fanno parte del repertorio trumpiano. Nel 2016 durante l’altra campagna elettorale Trump aveva definito i giornalisti “i nemici del popolo” e aveva inaugurato l’era dei “fatti alternativi”. La realtà, raccontata come piace a lui. Tutto il resto lo considera fake news. Mancano poche ore al voto di domani e il clima negli Stati Uniti è tesissimo, lo stesso Trump appare nervoso dopo gli ultimi sondaggi che danno Kamala Harris in leggera rimonta in generale e in vantaggio inaspettato in Iowa, uno stato considerato così  repubblicano che nessuno dei due candidati aveva ritenuto necessario farci un comizio.

Trump vuole vincere a ogni costo e la sua strategia appare chiara e inquietante. Se i risultati non saranno a suo favore griderà ai brogli, aizzerà i suoi sostenitori e lo scenario potrebbe essere peggiore di quel 6 gennaio 2021  quando una folla inferocita di suoi fedelissimi assaltò il Campidoglio. “Il vincitore deve essere proclamato già la notte elettorale”, ha affermato in Pennsylvania, sapendo perfettamente che è quasi impossibile avere i risultati definitivi così  rapidamente. Sono quasi 80 milioni gli americani che hanno già votato per posta o con il voto anticipato. Serve più tempo per controllare questi voti, che Trump ritiene a rischio brogli, come se non fossimo nella più  grande democrazia del mondo ma in un qualunque paese instabile e corrotto. La tensione negli Stati Uniti, in queste ultime ore prima del voto è altissima, si temono disordini e alcuni governatori hanno già attivato la Guardia Nazionale per prevenire disordini. Pare incredibile che tutto questo stia accadendo proprio lì, con Trump che favorisce lo scontro mettendo in dubbio lo stesso sistema democratico e le stesse istituzioni americane.

È un pericolo per la democrazia ha scritto in un breve editoriale il New York Times schierandosi con Kamala Harris. Il Washington Post sappiamo che ha scelto la neutralità e fanno riflettere le motivazioni sostenute dal suo proprietario, il miliardario Jeff Bezos, che ha sottolineato  la perdita di credibilità dei media. “La maggior parte delle persone crede che i media siano di parte. Chiunque non se ne accorga sta prestando scarsa attenzione alla realtà, e chi combatte la realtà perde… Di per sé, rifiutare di appoggiare i candidati presidenziali non è sufficiente a farci avanzare di molto nella scala della fiducia, ma è un passo significativo nella giusta direzione”, ha scritto Bezos. Il risultato è che 200 mila abbonamenti al Washington Post sono stati disdetti. La scelta di Besoz, forse dettata dai suoi interessi di uomo d’affari interessato a non entrare in conflitto con chi arriverà alla Casa Bianca, dovrebbe comunque  far riflettere tutti i giornalisti. A proposito di indipendenza, abbiamo dato prova di indipendenza, per esempio, nel raccontare i due laceranti conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente?

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Tiziana Ferrario

dalla redazione di

4 Novembre 2024