DI GIOACCHINO MUSUMECI
Un carissimo mio lettore scrive: “Meglio avere un 25% da soli e combattere che avere il 10/15% insieme a quelli che sono i soliti. Il M5S in solo 2 legislature era arrivato al 32,8%, se avesse avuto fiducia in se stesso e mandare il popolo di nuovo a votare forse poteva farcela. Oggi deve accontentarsi di fare la comparsa”.
Ebbene anche col 25 % da soli, ove mai il Movimento ci arrivasse, bisognerebbe fare i conti col problema di sempre: cosa raccontare agli elettori quando ci si presenterà al tavolo delle trattative per la formazione di un governo. Teniamo conto della storia: il Movimento raggiunse il 33% perché a parer mio e con rispetto, prima ancora del programma propagandò teoremi che oggi non funzionerebbero. Il primo era non essere “né Dx né Sx”- a cui tendono ancora Raggi & Co- affermazione vaga e non meno comoda, senza offesa al limite dell’opportunismo politico.
Quel postulato permise di attingere a elettorato deluso di entrambe le aree di dx e Sx che si tradusse in altissime percentuali di consenso. Travaglio in un editoriale ci ricorda che Conte ha definito il Movimento rifomista e non di Sx. Ma questo non aiuta il cittadino a capire: se si sta all’opposizione della Dx e non si è Renzi e Calenda o Bonino, ovvero centristi, il riformismo non può che posizionarsi a Sx.
All’epoca di grandi entusiasmi e speranze di rivalsa non si analizzò quanto l’alto consenso del Movimento fosse solido. Ma è logico che appena ci si discosti dalle aspettative di elettori di quella o quell’altra area ideologica, questi si sentano traditi e abbandonino la barca alla tempesta indicandola come illusoria e deludente; se guardiamo obiettivamente i fatti, accadde non troppo tempo dopo che il Movimento si sedette a governare con la Lega.
Anche questo si può spiegare: Il Movimento del 33% si propagandò per tutto il tempo refrattario a ogni partito e irreprensibile al 100 %. Ottimi argomenti che gli permisero di godere del consenso di elettori ugualmente refrattari al compromesso. Peccato che poi la politica obblighi proprio quel compromesso ripudiato con la fanfara a mille.
Tenendo conto della maturità media con cui il cittadino approccia la strategia politica, hai voglia poi di predicare buon senso e raccontare che ci si è accordati per realizzare il programma con un chiaro patto di Governo, l’elettore manicheo, che può essere di dx o Sx, non fa differenza, “sfancula” e basta. Poi tanto per migliorare le cose in parte corre a mettere croci sulla fiamma meloniana, in altra parte torna all’ovile del Pd e per la maggior parte se ne sta a casa perché secondo lui sono tutti uguali Movimento compreso .
Il sostegno degli elettori dell’area di Sx sfumò quando furono promulgati i decreti sicurezza col beneficio del dubbio manifestato dal Colle, e giornali che cavalcavano forsennatamente i difetti dei decreti leghisti. Ma era una percentuale inferiore rispetto al sostegno di elettori marcatamente di Dx.
I guai e le emorragie di consenso aumentarono quando si palesarono gli attriti con Salvini: il Movimento fu abbandonato anche da tutti coloro che si aspettavano politica improntata sul salvinismo, difesa di confini simil blocco navale prospettato più avanti dalla Meloni. Molti elettori grillini dell’epoca furono affascinati dalla teoria “sbarchi zero in 5 anni”, propaganda pura che non tiene conto di nulla.
Fatto sta che le contraddizioni di quel Movimento sono scoppiate tutte particolarmente aggravate dal correntismo interno e al fatto che nei territori si è dormito. Perciò il Movimento del 33% non tornerà più. E’ come una foto sgranata della Roma Felliniana: affascinante ma fuori tempo massimo.
Cosa dovrebbe fare Conte? Non lo posso dire io ma la rivoluzione consisterebbe nel lasciarsi alle spalle il passato perché farne un remake non servirebbe. Servirebbe di più al Paese elettorato meno utopico, capace di capire che a parte un programma chiaro e spendibile, politica è sfruttare temi di convergenza per creare alleanze solide. Quindi “vade retro” Renzi! Tra i partiti si può comunque collaborare con quello più aperto e affine se lo obbligano i meccanismi elettorali. E il rapporto non può essere verticale, cioè ti adatti a me oppure nulla come qualcuno professa. Essenzialmente occorre essere fortissimi diplomatici: dato cha la diplomazia è l’arte di mandare al diavolo l’interlocutore convincendolo a ringraziarti per averlo “sfanculato” (elettori compresi), forse il Movimento ha necessità di un diplomatico della portata di Churcill. Non so se sarà Conte ma attualmente rimembrare il vecchio Movimento non aiuta.
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Gioacchino Musumeci