Zecche rosse

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Quella di Amsterdam non è stata una caccia all’Ebreo né quella di Bologna una caccia al fascista. Quella in Ucraina non è una guerra di liberazione e i massacri a Gaza, in Cisgiordania e in Libano nulla c’entrano con la difesa di Israele. E poi avanti con la criminalizzazione dei centri sociali, delle toghe rosse, dei sindacati e degli immigrati e invece indietro tutta con la lotta alla criminalità organizzata, agli evasori e ai corrotti di stato.
Le posizioni menzognere del governo e la loro diffusione attraverso il monopolio dell’informazione televisiva e di buona parte della stampa hanno assunto i contorni di una provocazione continua, di una sfida aperta a tutto ciò che settant’anni di democrazia tra alti e bassi erano riusciti a mettere insieme.
Quando il vicepresidente del consiglio arriva a chiamare “zecche rosse” chi anche a nome nostro prova a resistere al neofascismo di stato si possono fare due cose soltanto: lasciare che il disegno totalitario arrivi a compimento oppure accettare la provocazione e raccogliere la sfida, in una parola “insorgere”.
Senza una sinistra extraparlamentare e con i centri sociali e i gruppi anarchici criminalizzati e controllati a vista è difficile immaginare dove potrà sprigionarsi una prima scintilla, questa volta non potranno essere poche avanguardie militarizzate ad insorgere. Questa volta se vorremo farlo toccherà a tutti noi, possibilmente senza le P38 ma con un coraggio e una determinazione pari o superiori a quelli dei gruppi armati del secolo scorso.
Difficile che accada davvero, ma come si sa la speranza è l’ultima a morire.
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Mario Piazza