DI PIERO GURRIERI
A tutti quelli che avessero ancora dubbi sul fatto che lo scontro all’interno del m5s riguardi la scelta tra la civiltà e l’arroganza, prima ancora che quella tra due opposte visioni politiche, la puntata più recente del confronto tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte può essere illuminante.
Sappiamo tutti della lettera del primo alla segretaria PD Elly Schlein con cui Grillo, con il pretesto di candidare Conte alla segreteria del PD e con una scorrettezza da cartellino rosso, lo ha sommerso di accuse e maleparole per screditarlo come uomo e come leader nel pieno corso del voto, ben sapendo che qualche suo compare avrebbe reso pubblica quella lettera.
Intervenuto nella serata di venerdì a Tg2Post, il leader del M5s, invece di rispondergli con gli stessi infimi toni, ha replicato all’iniziativa del fondatore con ironia: “A Grillo le battute non mancano, credo che la questione sia seria, se ci dovessimo affidare alle battute scriverei una lettera di referenze a Mario Draghi, perché lo assuma per una consulenza”, ha detto, poco prima di ribadire che “la comunità è matura ed è questo che il garante non riesce ad accettare”. Tornando poi sul merito dello scontro con Grillo, ha parlato di un “progetto meraviglioso, e nessuno toglie il merito a Grillo, di una comunità politica, non di una setta religiosa o paramilitare”. E ha aggiunto, riferendosi alla macchina da morto e alle parole dell’autista: “Il movimento è morto? C’è una costituente con 22mila contributi, in questi tempi di rabbia, frustrazione e sfiducia nella politica. Non è un gesto di arroganza dire che la comunità è morta? Non ha senso”.
E piuttosto che scendere al livello del fondatore chiedendogli per esempio perché (o in cambio di cosa) avesse prima definito Draghi un perfetto grillino, poi imposto l’entrata del m5s nel suo governo, e infine con lui e Giggino congiurato per far fuori Giuseppe Conte, il Presidente ha ribadito la posizione del m5s rispetto al Pd: “Non saremo mai un partito di sistema. Sì alleanze ma sulla base di un accordo ben preciso. Non potremmo votare l’invio di armi in Ucraina o una commissione von der Leyen 2 con un piano per finanziarie le spese militari. Siamo in un’area alternativa alla destra, lavoreremo per creare un’alternativa alla destra, ma ci sono partiti di sinistra che non fanno politiche progressiste o di sinistra”.
Ed è cosi che la lettera di Grillo alla Schlein non è soltanto l’ennesimo harakiri per chi l’ha scritta, ma una cartina di tornasole per far capire a tutti che nulla è rimasto di quel leader che infiammava le piazze e che incitava all’onestà, e che lo scontro – che lui ha già perso – è tra l’inciviltà mista all’arroganza senza pari delle sue parole, e la correttezza di chi, anche di fronte a questo, si astiene perfino dal mandarlo semplicemente e per sempre a quel paese.
Se c’è qualcuno che non l’avesse ancora fatto, si colleghi e rivoti.
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Piero Gurrieri tra la gente