Siria, la caduta di Assad: un nuovo inizio per il Paese o una nuova dittatura?

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Antonella Napoli da ARTICOLO VENTUNO –

Foto dalla TV pubblica siriana

I volti scavati, gli occhi sbarrati, il passo incerto dei prigionieri dal famigerato carcere di Sednaya, noto anche come “il mattatoio umano”, testimoniano tutta la sofferenza del popolo siriano liberato oggi dal giogo di Bashar al-Assad.
Con una “operazione lampo” i ribelli hanno rovesciato il regime e l’esercito, che ancora lo appoggiava, ha dovuto dichiarare la resa e la “caduta” del governo.
La liberazione dei detenuti e delle detenute che hanno contrastato il potere dell’ex presidente, o meglio dittatore, della Siria segna un momento cruciale. Rappresenta non solo la fine dell’ oppressione di Assad, uno degli autocrati più oppressivi al mondo, ma soprattutto un simbolo di speranza.

Sednaya, un luogo di tortura e sofferenza, ha visto migliaia di attivisti e innocenti subire torture indicibili, stupri e giustizie sommarie per anni.
Oggi, l’aria che si respira in Siria è carica di aspettativa e desiderio di libertà.
Dopo anni di dolore e repressione, un intero popolo si riaccende nella ricerca di un futuro migliore. La caduta di un dittatore è sempre un evento carico di emozioni contrastanti: da un lato, la gioia della liberazione; dall’altro, l’incertezza su chi prenderà il potere e quali saranno le conseguenze.
Tuttavia, è fondamentale approcciare questo scenario con realismo.
Dopo una dittatura, con l’imposizione della Sharia ne seguirà un’altra.
La Siria, nel momento in cui si libera dalla morsa di Assad, cade nelle mani di gruppi islamisti radicali tra cui i militanti di Al Nusra, storicamente legati ad Al Qaeda e che si sono reinventati sotto una nuova sigla.
Si presentano come i “liberatori” della Siria, sostenuti dalla Turchia ma una parte della popolazione li ha accolti con un misto di esitazione e preoccupazione.

“Nonostante la caduta di Assad, temo per il futuro della Siria. La situazione è diventata sempre più complessa, e ora vediamo l’emergere di gruppi radicali e organizzazioni estremiste che sfruttano il vuoto di potere. Assad era un dittatore, ma ora mi preoccupa che la libertà possa essere sostituita da un’altra forma di oppressione. Questi gruppi sono pericolosi e non rappresentano il nostro desiderio di libertà e democrazia. Sono spaventato all’idea che la Siria possa trasformarsi in un terreno di scontro per interessi esterni e ideologie estremiste, piuttosto che un paese dove ogni cittadino possa sentirsi al sicuro e rispettato. È fondamentale che la comunità internazionale aiuti a garantire una transizione pacifica e inclusiva, affinché il nostro sogno di una Siria libera non venga derubato da chi cerca solo il potere” spiega Soran Baghdadi, che ha lavorato come fixer per molti giorni giornalisti occidentali oggi rifugiato in Germania.

I gruppi jihadisti guidati da Abu Mohammed al Jolani, l’artefice della coalizione sunnita che ha travolto il regime in soli undici giorni, pur tentando di distanziarsi dai principi wahabiti che hanno caratterizzato le loro azioni durante l’era dello Stato Islamico, portano con sé una serie di incognite riguardo al potenziale futuro della Siria.

La questione fondamentale che si pone è: quali valori guideranno questi nuovi leader? Si tratterà davvero di un avvicinamento alla democrazia o la Siria si troverà di fronte a una nuova oppressione, questa volta sotto il velo di un’ideologia religiosa? È essenziale che, in questo contesto di transizione, la comunità internazionale resti vigile e attenta ai diritti del popolo siriano, affinché la liberazione non diventi solo un cambio di una dittatura con un’altra forma di oppressione.

Ma le aspettative dei siriani felice per la caduta di Assad sono alte.

“Finalmente, dopo anni di sofferenza e oppressione, abbiamo visto la luce in fondo al tunnel. La caduta di Bashar al-Assad è un motivo di festa per me e per milioni di altri siriani. Abbiamo vissuto nel terrore, con le famiglie distrutte dai bombardamenti e le libertà fondamentali negate. Ora, c’è una nuova speranza per il nostro paese. Vogliamo costruire un futuro migliore, un futuro in cui i nostri figli possano vivere in pace, senza paura di essere perseguitati. È il momento di riprenderci la nostra vita e i nostri diritti. La vittoria della libertà riempie i nostri cuori di gioia e determinazione. Riscopriremo la bellezza della Siria, un paese ricco di cultura e storia, e ricostruiremo insieme, passo dopo passo.” sostiene Farid Faḵrī, professore universitario che nonostante la guerra non ha mai lasciato Damasco.

In questo convulso e difficile momento, è impossibile non ricordare figure come padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita italiano scomparso in Siria nel 2013, il cui impegno per il dialogo e la giustizia è rimasto un faro di speranza.

La sua voce testimonia l’importanza di cercare giustizia per tutte le vittime del regime di Assad e di un conflitto che ha mietuto innumerevoli vite.

In un panorama mondiale in cui l’umanità sembra naufragare nell’orrore della guerra, il suo insegnamento ci spinge a non dimenticare la sofferenza degli innocenti e a lottare per un futuro in cui la giustizia prevalga su ogni forma di vendetta.

La Siria, ribadiamolo, è davanti a un bivio. La speranza è di intraprendere un cammino inarrestabile verso la democrazia, ma la strada da percorrere è irta di ostacoli.

La comunità internazionale, le organizzazioni per i diritti umani e le voci di giustizia devono continuare a essere in prima linea per garantire che la transizione che attende la Siria rispetti i diritti di ogni suo cittadino, affinché possano finalmente vedere realizzati i loro sogni di libertà e dignità.

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Articolo di Antonella Napoli da

8 Dicembre 2024