DI ENNIO REMONDINO
Da REMOCONTRO –
‘Le Sirie’. Dopo la caduta di Damasco, Assad fugge da Putin, il rebus sul futuro del Paese da ricomporre. Il capo dei ribelli: ‘Vittoria islamica, il futuro è nostro’. Forze israeliane entrate in Siria per la prima volta dal 1973. Consiglio di sicurezza dell’Onu convocato per oggi. Dieci giorni di offensiva sono bastati a travolgere l’Esercito Arabo Siriano, e mostrare l’inconsistenza del regime senza il sostegno delle forze aeree russe e dei combattenti sciiti Hezbollah e iraniani, tutti impegnati in altre guerre prioritarie.
L’immagine filmica dell’8 settembre siriano
Statue abbattute, carceri aperte, una folla festante che celebra forse più la fine di un incubo durato più di tredici anni, dall’inizio della guerra civile nel 2011 a oggi, che la presa di potere dell’una o dell’altra fazione. Perché cosa accadrà domani in Siria lo sa solo Allah in tutti i diversi modi di pregarlo. E le ‘Grandi potenze’ tornano i nani politici super armati che sono sempre state. Assad in fuga senza alcun messaggio al Paese. Ieri dal Cremlino la notizia che Bashar Adssad è a Mosca con la sua famiglia per “ragioni umanitarie”. La fonte ha sottolineato che “i funzionari russi sono in contatto con i rappresentanti dell’opposizione armata siriana, i cui leader hanno garantito la sicurezza delle basi militari russe e delle missioni diplomatiche”.
L’Afghanistan mediorientale
Quello accaduto in questi giorni in Siria assomiglia molto a quanto accadde in Afghanistan nell’estate 2021, quando le milizie talebane avanzarono come fulmini in tutto il territorio nazionale mentre i reparti governativi gettavano le armi e i governatori regionali aprivano le sedi ai capi talebani. Dopo gli accordi di Doha e l’inizio del ritiro statunitense si scoprirono le sospettate laute complicità con l’intelligence pakistana si assicurarono il supporto di tutte le autorità civili e militari solo teoricamente fedeli al presidente Ashraf Ghani. La resa ingloriosa in Siria, svolta definitiva o altra guerra, e di chi a contro chi e per arrivare a cosa? Il futuro della Siria, rebus mediorientale e non soltanto. Quante e quali ‘Sirie’ ha di fronte il mondo?
I vecchi frammenti del “puzzle” Siria
Anche nella fase di maggior ripresa dello Stato sotto Assad, sostenuto da Iran, Russia e Hezbollah, il governo di Damasco non ha mai avuto il controllo dell’intera Siria. Molte milizie vincenti sono state armate, dalla Turchia di Erdogan, contro la forte presenza curda lungo i propri confini. Dal 2016 almeno quattro operazioni contro le milizie filo curde del Nord della Siria. Già in corso scontri nell’area di Manbij, enclave curda a Ovest dell’Eufrate con le forze islamiste e dei filo turchi del Syrian National Army. L’islam popolare sunnita e la minoranza sciita alawita al potere con Assad. Poi il nord e il sud del Paese. Tra chi ha preso Damasco è molto forte la componente drusa, minoranza importante nelle aree confinanti con Giordania e il Golan. Una confusione di gruppi anche etnicamente differenti, oltre a ideologie e religioni. Unificate, fino a oggi, dalla volontà di rovesciare Assad. Domani?
Al-Jolani studia da leader
L’ex jiadista di al-Qaeda Abu Mohammed al-Jolani, vero nome, Ahmed al-Sharaa, al posto del nome di battaglia, al comando di cosa, con quale progetto o per conto di chi? L’ex dell’integralismo islamico di Al-Qaeda promette la difesa delle diversità anche religiose e l’inclusione delle minoranze, ma la realtà dei fatti è che uno dei Paesi di tradizione politica e culturale più antica del Medio Oriente (culla del mondo cristiano delle origini e dell’Islam della sua fase di massimo splendore), potrebbe essere egemonizzato da forze radicali per i prossimi anni. Il suo percorso personale di al-Jolani, non rassicura. Mentre i ribelli anti-Assad hanno alla spalle almeno due governi: quello di Hts (ex al-Nutra e poi al-Qaeda), e quello delle forze filo-turche dell’Esercito Nazionale Siriano, oltre alle Forze Siriane di stampo curdo. Un pasticcio inestricabile.
Figlio di esuli del Golan che vuole dominare la Siria
Al-Jolani, ricercato da Washington dal 2013 come “Global Terrorist” su cui pende una taglia da 10 milioni di dollari, ora rilascia interviste, e alla Cnn promette di superare il limiti noti di un Governo islamico: “Nessuno ha il diritto di cancellare un altro gruppo. Queste sette hanno coesistito in questa regione per centinaia di anni e nessuno ha il diritto di eliminarle”, dichiara alludendo anche alla minoranza sciita alauita del clan degli Assad, che teme l’islamismo sunnita. Riposizionamento con un islamismo nazionale e di governo. Amici e nemico di chi da verificare sulla base dei prossimi sviluppi della conquista ancora incompleta. Destinato ad essere da subito funzionale a quell’Israele che con la guerra in Libano ha richiamato e colpito le migliori forze di sostegno ad Assad. Ezbollah o pasdaran iraniano.
Le tante Sirie e i troppi appetito esterni
Il bersaglio di al-Jolani, che ha già chiesto espressamente di non esser più chiamato col suo epiteto di battaglia ma col suo nome originario, Ahmad Sharaa, sta intanto difinendosi. Nel suo primo discorso pubblico nella capitale, pronunciato nella Grande Moschea degli Omayyadi, ha fatto un discorso panislamico. “Il dittatore è caduto, e questa è una vittoria per tutta la nazione islamica. E’ un trionfo che segna un nuovo capitolo nella storia della regione, il futuro è nostro”. Questo mentre Israele si annetteva, nel silenzio della comunità internazionale, il versante orientale del Jabal Shaykh (Monte Hermon), parte di quelle Alture del Golan occupate nel 1967 e mai restituite a Damasco. La Siria è stata “un parco giochi per le ambizioni iraniane”, riferisce l’Ansa, a conferma che il nuovo potere sembra mettere ai margini non solo l’influenza russa ma anche quella iraniana.
Ombre turche
Oggi sia l’esercito iracheno che quello libanese hanno rafforzato i presidi ai confini siriani mentre non casualmente è stato dalla Turchia che è arrivato il primo annuncio ufficiale della caduta del regime di Assad. Dal ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, ex capo dell’intelligence di Ankara, il ‘Millî İstihbarat Teşkilatı’, probabilmente il vero artefice di tutta l’operazione. Fidan ha rassicurato il mondo spiegando che Ankara “è in contatto con i ribelli per garantire la sicurezza all’interno della Siria”. Del resto, solo il supporto diretto e indiretto turco poteva rendere possibile questa offensiva partita dalla provincia di Idlib che confina solo con la Turchia.
Anche Israele entra in Siria
“Sull’operazione turca anche l’ombra di Israele, oggi non un alleato della Turchia, ma che vede di buon occhio i pasdaran iraniani lasciare la Siria, utilizzata per rifornire di armi e addestrare le milizie Hezbollah. Intanto, il New York Times scrive che le forze di terra israeliane hanno attraversato nel fine settimana la zona demilitarizzata al confine tra Israele e Siria e sono entrate nel Paese per la prima volta dalla guerra dello Yom Kippur dell’Ottobre 1973. Le forze israeliane, secondo due fonti di Israele citate dal giornale, controllano adesso la cima del Monte Hermon, sul lato siriano del confine, e diverse altre località ritenute essenziali per stabilizzare il controllo dell’area.”