DI CLAUDIO KHALED SER
C’era quell’aria che sapeva di dolce, di mandorle e miele per le strette vie di Cremona.
Quel profumo di torrone invadeva l’aria e ti ricordava che era Natale.
C’erano quegli sguardi gentili di chi voleva sentirsi “più buono”, quel riconoscersi per strada con un sorriso, cedere il passo davanti d una porta, accettare una scusa, stringere una mano… c’era tutto questo… non c’é più.
Il sapore del torrone é svanito,
C’è dolcezza calpestata, porte chiuse nell’indifferenza degli altrui destini.
Ci siamo chiusi dentro i ricordi senza costruirne di nuovi.
Ricordo perfino gli sguardi dei pastorelli nel piccolo presepe che mia madre allestiva in salotto.
Ricordo le donne di terracotta che accarezzavano le teste riccioline dei loro bambini e perfino gli animali in muto silenzio con lo sguardo rivolto verso una capanna.
Le lucine accese, le lucine spente.
Non so se in quella grotta fosse veramente nato il “Dio in terra” o era solo un bambino al quale veniva affidato un ruolo più grande di lui, un fardello immenso da tenere sulle spalle per secoli. Essere Dio non é cosa da poco.
Non lo é nemmeno essere umani.
Oggi, quella “terra di Dio” quella grotta e quel cielo terso ripieno di stelle, non esiste più. Oggi, quei pastorelli hanno gli occhi spenti dal dolore della tragedia che gli infami hanno gettato sulle case e nelle strade. Le donne non accarezzano i figli ma cercano di proteggerli dalle bombe che cadono sulle loro teste.
Senza riuscirci.
E Lui, statuina di terracotta, sdraiato su di una mangiatoia guarda il mondo che dovrebbe salvare senza riuscirci.
Noi non possiamo fare nulla per fermare quell’orrendo, quotidiano, massacro; ma possiamo ritrovare quell’aria dolce di torrone, quello sguardo gentile ed aprire nuovamente le porte del cuore. Possiamo cercare di ritornare umani
Possiamo guardare l’altro con tenerezza, senza compassione ma con condivisione della sua pena, della sua sofferenza; possiamo regalare qualcosa di straordinario che si chiama “amore”.
Si, lo so, é una parola grossa, ormai desueta, finita nei ripostigli del cuore, abusata nelle canzoni e dimenticata nei gesti.
Possiamo tendere una mano, senza “elemosina” ma con affetto, soccorrere chi ha bisogno, stare accanto a chi ormai é lontano dai nostri sguardi, a quelli che vivranno questi giorni e molti altri nel dolore dell’esclusione.
Possiamo diventare divini perché l’amore ci rende tali.
Possiamo essere, se lo vogliamo, quel bambino nella paglia, simbolo, reale o irreale, del saperci donare agli altri e far nostro il messaggio più semplice…
Si, lo so, non é semplice dimenticarci della nostra superbia, della nostra arroganza e soprattutto della nostra indifferenza.
Ricostruire l’Uomo perché sappia ricostruire l’amore che, una semplice statuina di terracotta, dovrebbe ricordarci cos’é veramente un “natale”.
C’erano quegli sguardi gentili di chi voleva sentirsi “più buono”, quel riconoscersi per strada con un sorriso, cedere il passo davanti d una porta, accettare una scusa, stringere una mano… c’era tutto questo… non c’é più.
Il sapore del torrone é svanito,
C’è dolcezza calpestata, porte chiuse nell’indifferenza degli altrui destini.
Ci siamo chiusi dentro i ricordi senza costruirne di nuovi.
Ricordo perfino gli sguardi dei pastorelli nel piccolo presepe che mia madre allestiva in salotto.
Ricordo le donne di terracotta che accarezzavano le teste riccioline dei loro bambini e perfino gli animali in muto silenzio con lo sguardo rivolto verso una capanna.
Le lucine accese, le lucine spente.
Non so se in quella grotta fosse veramente nato il “Dio in terra” o era solo un bambino al quale veniva affidato un ruolo più grande di lui, un fardello immenso da tenere sulle spalle per secoli. Essere Dio non é cosa da poco.
Non lo é nemmeno essere umani.
Oggi, quella “terra di Dio” quella grotta e quel cielo terso ripieno di stelle, non esiste più. Oggi, quei pastorelli hanno gli occhi spenti dal dolore della tragedia che gli infami hanno gettato sulle case e nelle strade. Le donne non accarezzano i figli ma cercano di proteggerli dalle bombe che cadono sulle loro teste.
Senza riuscirci.
E Lui, statuina di terracotta, sdraiato su di una mangiatoia guarda il mondo che dovrebbe salvare senza riuscirci.
Noi non possiamo fare nulla per fermare quell’orrendo, quotidiano, massacro; ma possiamo ritrovare quell’aria dolce di torrone, quello sguardo gentile ed aprire nuovamente le porte del cuore. Possiamo cercare di ritornare umani
Possiamo guardare l’altro con tenerezza, senza compassione ma con condivisione della sua pena, della sua sofferenza; possiamo regalare qualcosa di straordinario che si chiama “amore”.
Si, lo so, é una parola grossa, ormai desueta, finita nei ripostigli del cuore, abusata nelle canzoni e dimenticata nei gesti.
Possiamo tendere una mano, senza “elemosina” ma con affetto, soccorrere chi ha bisogno, stare accanto a chi ormai é lontano dai nostri sguardi, a quelli che vivranno questi giorni e molti altri nel dolore dell’esclusione.
Possiamo diventare divini perché l’amore ci rende tali.
Possiamo essere, se lo vogliamo, quel bambino nella paglia, simbolo, reale o irreale, del saperci donare agli altri e far nostro il messaggio più semplice…
Si, lo so, non é semplice dimenticarci della nostra superbia, della nostra arroganza e soprattutto della nostra indifferenza.
Ricostruire l’Uomo perché sappia ricostruire l’amore che, una semplice statuina di terracotta, dovrebbe ricordarci cos’é veramente un “natale”.
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Claudio Khaled Ser