L’Armata Brancaleone

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Brancaleone, una tentazione irresistibile

Definire così il governo Meloni è una tentazione irresistibile ogni volta che per una ragione o per l’altra si accendono i riflettori su uno qualsiasi dei suoi ministri e sottosegretari, presidentessa inclusa.
La pietosa tresca di Sangiuliano, i quadri ritoccati di Sgarbi, la pistolina di Delmastro, il treno di Lollobrigida, gli strafalcioni di Nordio, i miagolii di Tajani, le truffe della Santanchè, il conflitto d’interessi di Crosetto, la polverosità di Valditara e la stolidità di Piantedosi per non parlare dei quotidiani e deprimenti sketch offerti da Meloni e dal suo vice Salvini.

Una distanza siderale

Pensare a Brancaleone da Norcia, Teofilatto, Zenone, Abacuc, Pecoro e al resto della improbabile armata è una reazione quasi automatica ma è anche un grave insulto alla memoria di Mario Monicelli, perché tra i personaggi del film e quelli di questo governo c’è una distanza siderale determinata da due fattori ineludibili: loro avevano un fine nobile ed erano divertenti. Il fine di questo governo è di trascinarci in una società triste e illiberale che conservi quel minimo di democrazia apparente necessario per non essere banditi dal meraviglioso occidente. Ciò che però dovrebbe saltare agli occhi anche al più politicamente sprovveduto degli elettori è che l’armata Meloni è composta da personaggi lugubri, gente triste che al suo apparire evoca un senso di morte e la puzza dei crisantemi appassiti propria dei cimiteri.
Almeno a quella tristezza perniciosa dovremmo ribellarci tutti insieme, ecchecavolo.
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Mario Piazza