Sul filo del rasoio

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

La parola d’ordine è una sola: cautela.

La tregua tra Hamas e Israele si regge su un equilibrio così precario che persino il più piccolo accenno di entusiasmo potrebbe far crollare tutto. Benjamin Netanyahu lo sa bene e fa di tutto per non mostrare soddisfazione. D’altronde, questo accordo piace poco o niente nello Stato ebraico. Anzi, sono in molti a ritenerlo un compromesso insostenibile. Su tutti l’ultradestra, che considera questa tregua un tradimento e non si fa problemi a dirlo. Il premier ha ascoltato i duri “no” di Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, i due leader ultra sionisti contrari a ogni compromesso. La risposta: la guerra riprenderà immediatamente se Hamas non rispetterà i patti, anche dopo la prima fase dell’intesa. Per allentare ulteriormente la presa Netanyahu ha disposto il rilascio dei coloni – la peggio feccia sionista – che si trovano in detenzione amministrativa. Ogni cedimento, abbiamo detto, viene visto come una vittoria di Hamas. Così, Tel Aviv ha organizzato tutto per evitare che questa tregua venga interpretata come un segnale di pace. I prigionieri palestinesi liberati non saranno accolti dalla Croce Rossa, ma trasportati solo dai mezzi del servizio carcerario israeliano. Niente celebrazioni, niente scene di giubilo. I condannati all’ergastolo saranno espulsi in altri Paesi. L’obiettivo è chiaro: nessuno deve pensare che la ferita sia rimarginata.

Il clima resta tesissimo 

L’ansia dei civili di Gaza è alle stelle, e la sensazione diffusa è che nulla sia davvero risolto. La tregua dovrebbe iniziare ufficialmente domenica alle 12:15. Da quel momento, Israele e Hamas procederanno agli scambi: i primi tre ostaggi israeliani verranno liberati in cambio di 95 detenuti palestinesi, tra cui 70 donne. Tra loro c’è Khalida Jarrar, una figura di spicco del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Intanto, al valico di Rafah, in Egitto, fervono i preparativi per il passaggio degli aiuti umanitari, mentre l’Autorità Palestinese di Mahmoud Abbas si dice pronta a riprendere il controllo di Gaza. Quest’ultimo è un altro nodo da sciogliere.

Sono in pochi però a credere sul serio alla pace

C’è poi la realtà sul terreno che racconta un’altra storia: l’esercito israeliano sta preparando due piani paralleli, uno per il rilascio degli ostaggi e un altro per un ritorno nella Striscia.
La verità è che, nonostante la tregua, nessuno a Gerusalemme o Gaza crede davvero nella pace.
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Alfredo Facchini