DI MARIO PIAZZA
Aver liberato e amorevolmente riaccompagnato nel suo paese un ricercato internazionale è una cosa enorme e inimmaginabile in un paese democratico.
E’ roba da regimi dittatoriali da catalogare insieme alle protezioni offerte ai generali nazisti in Sud America o ai golpisti e assassini neri o mafiosi di mezzo mondo ospitati dal Sud Africa dell’apartheid, roba che per criminale arroganza rivaleggia con gli omicidi di Giacomo Matteotti, di Enrico Mattei, di Olaf Palme.
E l’insopportabile infamia non consiste solo nell’aver restituito ai suoi luridi incarichi un criminale internazionale ma anche nell’aver reso evidente all’Italia, all’Europa e al mondo intero il pensiero soggiacente del governo Meloni che con quel gesto ha dichiarato “urbi et orbi”:
1. Che la morte e la sofferenza di centinaia di migliaia di persone contano meno di zero.
2. Che non esistono limiti alle nefandezze che possono essere perpetrate per il proprio interesse.
3. Che i trattati e le convenzioni internazionali a cui i governi precedenti hanno aderito sono carta straccia.
4. Che sa o crede di poter contare su un elettorato che considera giustizia e misericordia come fastidiosi intralci e su un’opposizione senza le palle necessarie per reagire.
Ora che è tutto alla luce del sole con annessi e connessi credo si possa dire che è stata infranta l’ideale linea rossa che divide un avversario politico superabile nelle urne da un nemico giurato che va sconfitto senza esclusione di colpi.
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Mario Piazza