DI MARIO PIAZZA
Tra le cose che il governo vorrebbe far passare per normali ma che normali non sono affatto c’è questa idea, ripetuta in tutte le salse e in ogni occasione, che il successo elettorale conferisca sia il diritto di prendere qualsiasi decisione che il dono dell’infallibilità.
Non è così neppure in un’azienda privata dove le risorse economiche escono unicamente dalle tasche del titolare perché anche lui, il padrone vecchio stampo, ha dei limiti naturali imposti dalla ragionevolezza delle sue decisioni e dalla loro accettazione più o meno di buon grado da parte dei suoi dipendenti. E non solo, per ottenere la piena collaborazione del personale il titolare deve accumulare un patrimonio di stima e credibilità generato dai suoi comportamenti.
Se è così in un’azienda padronale certo non può essere diverso in una nazione dove le risorse economiche sono fornite dai suoi cittadini, dove le decisioni di chi comanda non possono infrangere i limiti invalicabili della Costituzione, dove la stima e la credibilità dovrebbero essere condizioni imprescindibili per accedere ai processi decisionali.
Se tutto ciò non viene rispettato e a comandare è una banda di saltimbanchi che per prima non rispetta le leggi, che spreca il denaro pubblico e a volte se ne appropria, che esibisce arrogantemente i propri vizi privati fatti di pistoline, di quadri rubati, di amanti prosperose, di fischietti da capostazione e di spritz tracannati fin dall’ora di colazione…
Beh, in questo caso il consenso elettorale e per di più ottenuto grazie a un sistema guasto definito una “porcata” dal suo stesso ideatore non vale assolutamente una mazza, le decisioni devono essere imposte con la forza e l’ultima volta che ho controllato questo modo di procedere si chiamava “regime”.
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Mario Piazza