DI GIOACCHINO MUSUMECI
Il potere giudiziario nemico da abbattere
Il governo, all’ombra del feretro di Berlusconi, prosegue peggiorata l’opera demolitrice della magistratura, non del tutto sottomessa nel compimento del disastro politico monumentale targato Meloni.
Con l’attuale governo l’infimo eccellente occupa ogni spazio sottratto al presupposto raziocinante che implicherebbe onore nello svolgimento del dovere. Ma neanche per idea! Dopo la liberazione di Almasri, tra le più spregevoli prestazioni politiche degli ultimi decenni, e l’ovvia reazione di chi ancora crede che l’Italia non sia la fogna in cui uno stupratore di bambini innocenti viene gentilmente accompagnato a casa con un volo di Stato piuttosto che essere consegnato alla Corte Penale Internazionale, i vertici politici dello stivale si sono dati alla macchia o tutt’al più, premier in testa, si sono prodotti in dichiarazioni sconcertanti.
La premier ha reagito come una bimba e per l’ennesima volta ci racconta che se sbaglia è colpa di chi ne evidenzia l’errore, evidentemente vuole governare al posto suo. Così è comparsa in una clip sconclusionata ove scambia “iscrizione al registro di reato” per avviso di garanzia. Ciò nel silenzio del ministro Nordio, il quale come minimo avrebbe dovuto correggere lo strafalcione ma non può perché se la fa addosso.
La “presidento” al Contrattacco
Meloni ha criticato il procuratore Lo Voi e l’avvocato querelante famoso per aver difeso mafiosi; giusto per non contraddirsi ha poi eletto suo difensore la Bongiorno che fu parte del collegio difensivo di Andreotti, il quale, come sentenziato nel processo che lo vide coinvolto, abbracciò le cosche fino al 1980. Meloni bovina che da del cornuto all’asino è prassi consolidata, ma il continuo tentativo di dar dell’imbecille al prossimo fa cadere le braccia, così come è asfissiante il perpetuo delegittimare ogni critica al suo governo, è tossico il vittimismo strumentale con cui devia i cittadini verso l’idea della magistratura persecutrice; teorema ereditato da Berlusconi e riesumato per convincere che i giudici debbano sottostare all’esecutivo. E pare che tra i progetti del governo ci sia perfino cancellare l’obbligo dell’azione penale; così che sia il ministro a suggerire al magistrato inquirente, dato che le carriere si separano, chi, come e quando indagare. Meloni sostiene che i giudici vogliono governare ed eccola qui l’ennesima ca*zata: i magistrati applicano norme giuridiche scritte da legislatori, si fa per dire, come la Meloni e tutti suoi predecessori. Se un governo delle leggi se ne frega, sia pure pronto ad assumersi responsabilità senza frignare perché s’è bagnato il pannolino. E anzi, se non fosse per i giudici della Corte Costituzionale questo paese sempre più diseguale, di mafia nei palazzi, omissioni, ingiustizie e brutture istituzionali sarebbe un coacervo di contraddizioni giuridiche peggiori di quelle pianificate a tavolino da chi imbavaglia giornalisti e magistrati tra applausi di cittadini ai quali offrire la carota del bollo auto cancellato e, in nome del diritto alla salute, il bastone del ticket obbligatorio al pronto soccorso.
“Indagare me è colpire l’Italia”
Dice la premier cadendo in un epic fail da sempliciotta con l’aggravante del doppiopesimo sfacciato. Indagare Conte per “pandemia colposa” non è mai stato indagare l’Italia, per Meloni dovrebbe essere diverso, forse perché donna? Qui non si indaga l’Italia, eventualmente ministri su cui pendono ipotesi di reato. Se ci si convince che il mandato popolare equivalga al permesso di combinare pasticci quali sottrarre un carnefice al mandato di cattura comminato dalla Corte Penale Internazionale, poi capita di essere querelati se la legge è davvero uguale per tutti. “E guardi presidente: indagare lei non è indagare l’Italia, al massimo è sdegnare la minoranza di italiani di cui vanta il mandato. Lei non è mai stata “Italia”, al massimo rappresenta uno spicchio minoritario (forse 14 milioni di elettori su 51 milioni) e non importa se tecnicamente è legittimata a parlare nelle convention dei lobbisti, non si faccia bella con la faccia degli altri, di sicuro non con la mia”.
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Gioacchino Musumeci