DI MICHELE PIRAS
La pace in Medio Oriente secondo Trump passa per la definitiva deportazione di due milioni di palestinesi, il controllo statunitense sulla Striscia di Gaza e lasciando ovviamente mano libera a Israele in Cisgiordania.
Nel frattempo il Presidente Usa assicura al gongolante criminale di guerra di Tel Aviv altri 8 miliardi di dollari di armamenti.
“Il più grande amico di sempre”.
Forse vi sembrerà il delirio di un pazzo visionario o la inaccettabile manifestazione di un prepotente e disumano cinismo.
E vi sembrerà pure profondamente ingiusto, per un popolo che ha subito davvero troppo, per quei fantasmi erranti che si aggirano sul sangue ancora caldo di decine di migliaia di vittime e intorno alle macerie della distruzione totale. Vi sembrerà troppo dopo ottant’anni di abusi, occupazioni, torture, esilio e oppressione.
Contraddizioni storiche
Ma del resto cosa aspettarsi dal capo di uno Stato che ingaggia una guerra totale ai migranti mentre è esso stesso un Paese di migranti, fondato sul furto della terra, lo sterminio e la segregazione dei suoi nativi, cresciuto sulla conquista e l’occupazione di metà dei territori un tempo messicani.
Perché questa è stata, in definitiva, quella romantica epopea che ci hanno somministrato in vena da bambini e che hanno chiamato la conquista del West.
E quelli che descrivevano Donald Trump come un uomo di pace, uno che non ha mai fatto guerre, invece, ci spiegheranno quali problemi hanno con la decodificazione della realtà.
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Michele Piras