Per Gaza la “pulizia etnica umanitaria” di Trump

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Il neo padrone del mondo assieme al suo gemello mediorientale Netanyahu informa che «i palestinesi devono lasciare Gaza e vivere in altri Paesi in pace». Senza alternative. «Il controllo Usa di Gaza sarà a lungo termine, diventerà la ‘rivière’ del Medio Oriente». Israelo-ebraica, lascia intendere la presenza dell’ancora premier Netanyahu tornato accanto al suo migliore amico, o complice. per chi non li ama.

“La coppia esagera a tutto tondo. Netanyahu: «Abbiamo devastato Hamas, abbiamo decimato Hezbollah. Israele non è mai stato così forte ma dobbiamo finire il lavoro», i buoni propositi. Avviso ai due esaltati da Ryad: «Non ci sarà alcuna normalizzazione delle relazioni con Israele senza la creazione di uno stato palestinese indipendente».”

La “pulizia etnica” cambia nome e si ingentilisce

L’idea cammina sotto traccia. Si tratta del vecchio sogno israeliano di ‘svuotare’ la Striscia di Gaza dai palestinesi, per farla diventare nuovo territorio occupato dai coloni ebrei. Ne hanno parlato ieri sera, alla Casa Bianca, il Presidente Trump e il premier Netanyahu, in quella che è stata, molto significativamente, la prima visita ufficiale di un leader straniero a Washington dopo l’insediamento della nuova Amministrazione. Il ‘timing’ dell’incontro non è stato scelto a caso, visto che, secondo i sondaggi, in questo momento Netanyahu viaggia con il vento in poppa. Anzi, diversi opinionisti liberal israeliani sono convinti che la visita del premier, in America, servirà a lanciare la sua campagna elettorale.

Netanyahu ancora premier con delega armata Usa

«Ancora prima dell’incontro programmato – scrive Haaretz – Trump ha prontamente consegnato a Netanyahu il messaggio centrale della campagna del primo ministro: il trasferimento da Gaza di un milione e mezzo di residenti palestinesi. L’idea di un trasferimento di popolazione o, in termini meno educati, della ‘pulizia etnica’ della Palestina dei suoi abitanti arabi – dice ancora Haaretz – non è qualcosa di nuovo nel discorso politico israeliano». Ma come giustificherebbe, il nuovo Presidente americano, agli occhi del resto del pianeta, una manovra talmente cinica e chiaramente fatta in aperto disprezzo del diritto internazionale? Semplice, la parolina magica che ha adottato per coprire tutta l’operazione (decisamente sporca) è «emergenza umanitaria».

La “pulizia etnica umanitaria”?

Sembra una storiella dell’orrore: io ti bombardo a tutto spiano con ordigni da una tonnellata. Poi finisco il lavoro con i bulldozer e continuo a demolire edifici e strade. Infine, cancello (letteralmente) qualsiasi infrastruttura urbanistica, anche il singolo tubo dell’acqua, indispensabile per un minimo di vivibilità. Tutto questo senza parlare dell’ecatombe a cui sono stati sottoposti i servizi sociali, a cominciare da quelli sanitari. Ciò che resta, alla fine, è il ‘deserto dei tartari’. Il deserto dei palestinesi. Per cui, suggerisce ‘The Donald’, la soluzione migliore per evitare ulteriori sofferenze alla popolazione araba è quella di costringerla ad andarsene. Come scrivono Ben Samuels e Liza Rozovsky su Haaretz, «Trump guarda alla Striscia di Gaza e la vede come un luogo di demolizione. Aggiungendo che è disumano costringere gli abitanti a continuare a vivere lì». Quanto è buono e umanitario lui.

Ma Gaza è solo un assaggio

Commenti riportati da Haaretz ed espressi da funzionari americani, «hanno elogiato il ritorno di Trump alla carica e il suo incontro con il leader israeliano, definendoli un cambiamento di rotta rispetto alle tensioni vissute durante l’Amministrazione Biden. Trump rimane il Presidente più filo-israeliano nella storia degli Stati Uniti – ha detto ancora un officer della nuova Amministrazione». Tutto quello che succede a Gaza, però, e in qualche modo strettamente collegato alle vicissitudini degli altri Territori occupati. Attualmente, gli israeliani stanno ‘Gazificando’ la Cisgiordania, cominciando da Jenin. Il cessate il fuoco, in Libano e nella Striscia, è stato solo un comodo espediente, per andare all’attacco nei Territori occupati più ambiti, quelli che fanno gola agli arrabbiati coloni ebrei. Lo dicono molti analisti e lo scrivono diversi prestigiosi giornali.

Cisgiordania e Jenin come Gaza

Ieri, il commento del Wall Street Journal non lasciava scampo: «Domenica – sostiene il quotidiano – le forze israeliane hanno raso al suolo 23 edifici a Jenin, aprendo una breccia nel campo con esplosioni simultanee che sono state udite in gran parte della Cisgiordania settentrionale. Le demolizioni su larga scala assomigliavano a una tattica usata a Gaza, dove l’esercito israeliano ha creato corridoi per dividere l’enclave». In sostanza, i generali dell’IDF stanno applicando la cosiddetta «tattica della torta». Sventrano, con le ruspe e con gli esplosivi, strade ed edifici del campo-profughi, affettandolo, e ne cacciano gli abitanti. Rendono così, secondo loro, l’habitat «più controllabile». Si tratta, in pratica, della stessa dottrina applicata a Gaza, rasa al suolo e resa inabitabile grazie anche alle bombe da una tonnellata fornite dagli americani.

Unione europea tutta dazi e paure di casa

Una devastazione sistematica, condotta con la pilatesca complicità morale dell’Unione Europea, sempre pronta a utilizzare due pesi e due misure. Oggi, però, con la politica internazionale tutta presa ad accapigliarsi sui dazi di Trump, l’attenzione e il monitoraggio su quanto succede in Medio Oriente sono quasi ai margini. E il nuovo Presidente Usa tira dritto per la sua strada, che non promette nulla di buono per i palestinesi. Ieri sera a Netanyahu ha ribadito tutto il sostegno americano. Un sostegno concretizzatosi, qualche giorno fa, con l’annuncio di un ulteriore trasferimento da 1 miliardo di dollari in armamenti, che Washington invierà in tempi brevi. La vendita comprende 4.700 bombe da 1.000 libbre per un valore di oltre 700 milioni di dollari, nonché bulldozer blindati Caterpillar per un valore di oltre 300 milioni di dollari. Guarda caso, proprio quello di cui hanno bisogno, in questo momento, gli israeliani nei Territori occupati.

Cisgiordania “Gazificata”

Ma la piaga aperta in questo momento è la Cisgiordania. Che ne pensa Trump? Secondo Haaretz, in una conferenza stampa lunedì, gli è stato chiesto se ne avrebbe sostenuto l’annessione. «Non ne parlerò – ha risposto – è certamente un piccolo Paese in termini di territorio. Vedete questa penna, questa penna meravigliosa? La mia scrivania è il Medio Oriente e la parte superiore della penna è Israele. Non va bene – ha aggiunto – è una bella differenza. Lo uso come analogia, ma in realtà è abbastanza accurato. È un pezzo di terra piuttosto piccolo, ed è incredibile che siano stati in grado di fare quello che sono stati in grado di fare. C’è un sacco di buona, intelligente capacità intellettuale. Ma è un piccolo pezzo di terra, non c’è dubbio».

“Tradotto dal ‘trumpese’, sembra di capire che Israele meriterebbe di espandersi. A spese di chi, lo sappiamo già anche se molti vicini arabi forse non lo hanno ancora colto sino in fondo. Per questo, ciò che sta succedendo a Jenin, in questo momento, può semplicemente essere la logica conseguenza di una strategia studiata a tavolino. Un progetto che vede gli israeliani puntare a sganciarsi temporaneamente da un’area (quella a Sud) della Striscia di Gaza, per mettere definitivamente le mani su gran parte della Cisgiordania. Con l’imprimatur di Trump, è ovvio.”

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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di

5 Febbraio 2025